Il genere FANTASTICO

di Michele Corsi


Appartengono al genere fantastico i film nei quali irrompe nella quotidianità un elemento estraneo alla razionalità scientifica. Il genere segue il filo di fantasticherie infantili che perdurano anche in età adulta e che solitamente cominciano con “e se…”: e se improvvisamente diventassimo più piccoli, e se apparisse una strega, e se sapessimo leggere nel pensiero, e se apparisse un fantasma, e se potessimo viaggiare nel tempo… Lo scopo di questi film è di collocarci in uno stato di piacevole stupore: per tutta la durata del film dobbiamo immaginare che la fantasia sviluppata in una qualche epoca della nostra vita si sta materializzando proprio sotto i nostri occhi. Ognuno di noi ha immaginato, per esempio, di potersi rendere invisibile, per poter spiare gli altri senza essere visti, o vendicarsi di torti subiti… Nel film "L'uomo invisibile" ("The Invisible Man", r. di J. Whale, USA, 1933, tratto dall’omonimo romanzo di Wells) lo scienziato Griffin si dedica a sviluppare un procedimento che lo rende invisibile e decide di utilizzarne i vantaggi a fini personali instaurando un regime di terrore nel mondo. Così gli spettattori degli anni Trenta avevano la possibilità di immergersi per 90 minuti in una situazione fantastica che avevano individualmente immaginato, mentre il finale moraleggiante del film (il piano di Griffin non ha successo e viene ucciso) serviva a riportarli alla realtà.

La popolarità dei diversi elementi fantastici cambia con il tempo, e i gusti vengono periodicamente “saggiati” dalle case di produzione. Se un film basato su un certo elemento fantastico ha successo, subito crescono le condizioni per la nascita di un intero filone ad esso legato. Tornando all’esempio di "L'uomo invisibile" il successo del film stimolò una serie di sequel. A distanza di anni altri due film sul mercato USA ("Avventure di un uomo invisibile", "Memoirs of an Invisible Man", r. di J. Carpenter 1992; "L'uomo senza ombra", "Hollow Man",  r. di P. Verhoeven, 2000) hanno saggiato lo stesso elemento fantastico (l’invisibilità), ma senza eguagliare il successo dell’antenato, segno che il pubblico, per varie ragioni, non è più attratto dalla possibilità di vivere quella fantasia. Così i due film non hanno dato vita ad un nuovo filone. L’elemento fantastico “invisibilità” è presente in altri film, specie del genere supereroi (la serie dei Fantastici Quattro, ad esempio) o film d'azione-fantascienza (Predator) o fantasy (il mantello di Harry Potter), ma senza arrivare ad esserne protagonista.

"The Invisible Man" ("L’uomo invisibile", r. di J. Whale, USA, 1933).

"Hollow Man" ("L'uomo senza ombra", r. di P. Verhoeven, 2000).


Basandosi su fantasie prevalentemente infantili, abbastanza autonome dalle condizioni storiche concrete della società odierna, molti elementi fantastici riposano su miti e leggende che hanno impressionato piccoli e adulti nei secoli passati. Rimanendo al tema dell’invisibilità, notiamo che spesso esso è trattato come attributo magico di fate e folletti o come proprietà dispensata da oggetti particolari (la credenza è derisa nel Decameron di Boccaccio nel racconto che narra di Calandrino e l’elitropia).

Il genere fantastico, rispondendo a bisogni assai diversi (di esorcizzazione delle paure, o di onnipotenza, ecc.), e alle più diverse tipologie di pubblico, ha toni che possono variare grandemente, dal dramma alla commedia. L’elemento fantastico “invisibilità”, ad esempio, è stato protagonista di film drammatici come "L'uomo invisibile", ma anche del già citato "Avventure di un uomo invisibile", che ha toni da commedia, così come della parodia "Gianni e Pinotto contro l'uomo invisibile" ("Bud Abbott Lou Costello Meet the Invisible Man", r. di Charles Lamont, 1951).

L’irruzione di elementi fantastici nella quotidianità è presente anche in altri generi, ma senza che questi ne siano protagonisti. Prendiamo ad esempio il tema del “mostro” nel cinema USA degli anni Trenta: se il film risponde al desiderio del pubblico di immedesimarsi nella potenza distruttiva di un mostro cui si affidano per 90 minuti le proprie pulsioni aggressive, e che in sé non ci spaventa affatto, ecco che si avrà King Kong; se però il mostro è costruito narrativamente in maniera tale da incuterci paura, allora avremo Frankenstein. Gli horror infatti rispondono a una domanda di paura da parte del pubblico, e per raggiungere questo fine spesso usano elementi fantastici. Ma il loro obiettivo rimane quello di spaventare, non di stupire.

Anche in molti film dedicati ai supereroi vi è l’irruzione del fantastico nella vita quotidiana, visto che la gran parte di quei film si svolgono in ambientazioni contemporanee. Per esempio la capacità dell’Uomo Ragno di arrampicarsi sui grattacieli è senz'altro un elemento fantastico. Ma il fine di quei film è farci identificare nelle imprese avventurose di un eroe dotato di capacità straordinarie. Il centro di interesse, cioè, è l'avventura, non l'elemento fantastico, che suscita stupore solo quando il personaggio e il suo potere viene presentato per la prima volta. Nel genere fantastico, invece, non ci sono supereroi:  è l’elemento fantastico il vero protagonista della storia, e il protagonista in carne ed ossa ne è solo il veicolo. Nei film sulla “macchina del tempo”, ad esempio, non ci si identifica particolarmente in personaggi che sono solo i “mezzi” per vivere l’esperienza “fantastica” del viaggio nel tempo. Non a caso nei film di supereroi nessun personaggio secondario della trama si stupisce che il protagonista sia dotato di certi poteri: lo ammirano, ma non se ne meravigliano, come se fosse “normale”. Una situazione tipica dei film del genere fantastico, invece, è lo scetticismo generale che suscita l’irruzione dell’elemento fantastico nella quotidianità, irruzione che può essere gestita o agita solo da pochi personaggi che riescono a “crederci”, superando più o meno rapidamente l’iniziale stupore.

Qui di seguito alcuni elementi fantastici di particolare successo nel cinema: l'invasione aliena, il mostro gigante, il mondo perduto, il cambiamento di statura, i poteri paranormali, il ritorno dalla morte, il fantasma, la strega, il viaggio nel tempo.


La presenza aliena

Il filone alieno del genere fantastico nacque negli USA degli anni Cinquanta. La fine della seconda guerra mondiale aveva favorito una speranza di progresso e di pace nel mondo. Le tensioni tra le due maggiori superpotenze, però, misero presto fine a questa possibilità. Il mondo venne suddiviso in aree di influenza, e USA e URSS investirono enormi risorse nella corsa agli armamenti, anche nucleari. Le armi dall'enorme potere distruttivo e l'equilibrio del terrore tra le potenze impedirono una guerra vera, e per questo il periodo fu conosciuto come "guerra fredda". Negli USA, tra le conseguenze di questa situazione, vi fu il maccartismo, o "caccia alle streghe", un'ondata di isteria anticomunista che portò ad una epurazione, soprattutto nel mondo del cinema, di tutti coloro che si sospettava avessero simpatie di sinistra. La gran parte dei film di fantascienza dell'epoca era pesantemente condizionata da questa atmosfera ideologica.  L'incertezza collettiva che si respirava all'epoca è evidente anche misurando il diffondersi del fenomeno di massa degli avvistamenti di UFO (cominciati, non a caso, nel 1948, all'inizio guerra fredda), o dischi volanti, sui quali si modellarono anche le varie navicelle spaziali aliene di tanti film.

La paura dell'invasione degli extraterrestri, richiamava ed alimentava la paura dell'invasione sovietica e dunque la necessità di essere uniti come nazione intorno al proprio governo e ai propri militari ("La guerra dei mondi" ("War of the worlds", r. di B. Haskin, 1953). Le figure di extraterrestri mostruosi e privi di sentimenti (che all'epoca era una caratterizzazione propagandistica della figura del comunista) erano lo specchio della paura dello straniero, o semplicemente del diverso da sé. Non a caso vari film di fantascienza del periodo hanno molto in comune con il filone fantastico della lotta contro il mostro ("La cosa da un altro mondo", "The thing from another world", r. di H. Hawks, 1951). A volte questi extraterrestri venivano dipinti come capici di manipolare la mente degli umani, metafora del timore che la propaganda dell'avversario potesse far breccia nella popolazione statunitense ("Gli invasori spaziali", "Invaders from Mars", r. di W. C. Menzies, 1953, "L'invasione degli ultracorpi" ("Invasion of the body snatchers", r. di D. Siegel, 1956).

Il genere è stato rilanciato con film di grande investimento tra gli anni Novanta e Duemila, seguendo in generale l'esplosione della fantascienza. Tra questi: "Independence Day" (r. di R. Emmerich, 1996) e i remake di film degli anni Cinquanta, come "War of the worlds" (r. di S. Spielberg, 2005). Anche diverse serie televisive appartengono al genere. Tra queste "V-Visitors" ("V", miniseries ideata da Kenneth Johnson, 1983, con un remake del 2009):  si immagina cosa accadrebbe se il mondo fosse invaso da alieni, alieni però che non usano la forza, ma il convincimento, l'inganno e la corruzione, mezzi che consentono loro di instaurare uno stato totalitario. Questa serie TV era però troppo "anni Settanta" per il clima politico degli anni '80, così il creatore venne sostituito e la storia dirottata verso lidi più rassicuranti..

Il filone non va confuso con il genere fantascienza. Certo, anche nel filone alieno del fantastico possono essere presenti navicelle spaziali, ma l'ambientazione è strettamente contemporanea: non siamo nel futuro. E non a caso: il fattore di interesse di questi film risiede proprio nel vedere come reagirebbe l'umanità oggi se vi fosse una invasione aliena, coi mezzi tecnologici e l'organizzazione sociale di oggi. Questo filone del fantastico non va confuso nemmeno con film e serie televisive in cui il mondo è già stato conquistato dagli alieni e ai terrestri non resta che resistere, che appartengono invece al filone apocalittico del genere distopico (come la serie "Falling Skies"). 

Vi sono comunque film appartenenti al filone che non vedono gli alieni come ostili. Si tratta quasi sempre di pellicole con un sottofondo ideologico di tipo pacifista. Tra questi "Ultimatum alla Terra" ("The Day the Earth Stood Still", r. di Robert Wise, 1951) e più tardi "Incontri ravvicinati del terzo tipo" ("Close Encounters of the Third Kind”, r. di S. Spielberg, 1978) e "ET, l'extraterrestre" ("E.T. the Extra-Terrestrial, r. di S. Spielberg, 1982).

"Invasion of the body snatchers", "L'invasione degli ultracorpi", r. di D. Siegel, 1956).

"Independence Day" (r. di R. Emmerich, 1996).


 "V-Visitors" ("V", miniseries ideata da Kenneth Johnson, 1983).

"Invasion" (ideata da Simon Kinberg, 2021).



Il mostro gigante

Un filone del genere fantastico ha al centro la potenza distruttrice di esseri enormi. Tali figure mostruose sono presenti in tutte le culture. Si pensi ai Ciclopi della tradizione greca, ai Troll e ai Giganti della tradizione norrena, al Behemoth e al Leviatano della tradizione biblica, ai polipi giganti di tante leggente marinare (riprese da Verne nel suo “20000 leghe sotto i mari”), e l’onnipresenza in tutte le latitudini del Drago. La persistenza di questo elemento fantastico nell’immaginario collettivo si deve probabilmente al fatto che il mostro agisce sia da collettore delle paure collettive riguardo alle catastrofi sia da proiezione dei nostri più riposti desideri distruttivi. Non a caso i film dedicati a mostri giganti visualizzano abbondantemente le distruzioni provocate da questi esseri. Il gigante alla fine viene sconfitto, ma per quasi 90 minuti abbiamo potuto godere della facilità con cui sbriciola navi, palazzi e automobili.

I due mostri giganti più famosi della storia del cinema sono King Kong e Godzilla. In ambedue i casi si tratta di invenzioni puramente cinematografiche, senza derivazione letteraria o fumettistica. King Kong, una scimmia gigantesca che vive nell’isola inesplorata di Skull Island e poi semina morte e distruzione a New York, fece la sua apparizione nel film "King Kong" (r. di M.C.Cooper e E. B. Schoedsack, USA, 1933). Godzilla è protagonista di una lunga serie di film a partire dal 1954 con "Godzilla" ("Gojira", r. di Ishiro Honda, Giappone). Non è un caso che tutti e due abbiamo avuto successo in periodi di forte crisi sociale: la Grande Depressione USA, da un lato, e la difficile ricostruzione del secondo dopoguerra nipponico. Di film su King Kong ne sono stati realizzati una decina e su Godzilla una trentina. I due giganti sono stati fatti anche incontrare e scontrare in diverse pellicole.

 "King Kong " (r. di M.C.Cooper e E. B. Schoedsack, USA, 1933). 

"Godzilla" ("Gojira", r. di Ishiro Honda, Giappone).


Serie televisive live action su mostri distruttori ne sono state realizzate poche, mentre ve ne sono moltissime di animazione, soprattutto di produzione giapponese, con al centro però esseri robotici. Hanno avuto successo anche i film ispirati a queste serie animate. 

"Transformers" è una franchise, coproduzione nippo-statunitense, che ha generato innumerevoli serie animate dal 1984 ad oggi.

"Transformers" è una serie di 5 film statunitensi diretti da Michael Bay usciti dal 2007 al 2017.



Il mondo perduto

In qualche modo legato al tema "mostro gigantesco", è l’elemento fantastico “mondo perduto”, la  fantasia che ci porta ad immaginare la possibilità di incontrare animali preistorici, di solito quelli di enormi dimensioni. I dinosauri hanno sempre affascinato soprattutto i bambini e stimolato l’immaginazione: attrae la loro mole e, dunque, anche il loro potenziale distruttivo. Non a caso il dinosauro più popolare è il Tyrannosaurus Rex. Oltre a ciò si aggiunge la componente fantastica della possibilità che esista un angolo della Terra incontaminato, dove l’evoluzione si è fermata. Da questi elementi trae origine il libro di A. C. Doyle “The Lost World” del 1912 che racconta di una spedizione in un misterioso luogo del Sud America pieno di animali preistorici. Il primo film a ispirarsi al libro è "Il mondo perduto" (“The Lost World“, r. di H. Hoyt, USA, 1925) cui seguirono nel tempo altri 5 film. Lo stesso materiale fantastico, ammodernato per renderlo vagamente plausibile (oggi non esiste alcuna zona inesplorata al mondo) è stato rimaneggiato da M. Crichton nel suo romanzo “Jurassic Park”, dove si immagina uno scienziato che riesce a ricreare i dinosauri a partire da tracce del loro DNA. Dal libro è stato tratto il film “Jurassic Park“(r. di S. Spielberg, USA, 1993), cui sono seguiti quattro sequel.

"Il mondo perduto" (“The Lost World“, r. di H. Hoyt, USA, 1925).

Jurassic Park“(r. di S. Spielberg, USA, 1993).



I cambiamenti di statura

In parte legato ai due elementi precedenti, è la fantasia che esseri umani o animali possano aumentare a dismisura le proprie dimensioni. Che il fattore d’attrazione di questo elemento sia simile a quello del “mostro gigante” (la proiezione da parte degli spettatori dei propri istinti distruttivi) vi sono pochi dubbi: abbondano in questi film le scene di distruzione causate, magari involontariamente, da esseri che si ritrovano improvvisamente dilatati. A questo tema fa da pendant spesso il suo opposto: esseri che si rimpiccioliscono. Ma a ben vedere gli elementi di attrazione sono gli stessi: nei film dove gli umani si ritrovano improvvisamente piccoli le scene più forti sono quelle dove i protagonisti sono attaccati da esseri che ora appaiono loro giganteschi, come formiche, mosche, o addirittura globuli bianchi.

Per le stesse ragioni si spiega il successo nei secoli de “Gulliver’s Travels” di J. Swift, scritto nel 1726. Del libro G. Méliès trasse nel 1902 il film "Le voyage de Gulliver à Lilliput et chez les géants", e da allora sono stati realizzati vari adattamenti soprattutto di animazione. Il libro che invece ha ispirato più film riguardo al tema è stato “The Food of Gods” di G. H. Wells scritto nel 1904, che narra di due scienziati che inventano un prodotto chimico che può far crescere le dimensioni di chi lo mangia; per errore è però mangiato da una serie di animali che diventano dunque mostri giganteschi. Ha ispirato diversi film, tra cui: "Village of the Giants"(r. di B. I. Gordon, 1965), "Il cibo degli dei" ("The Food of the Gods"r. di B. I. Gordon, 1976). Il progenitore di questo elemento fantastico è stato comunque "Dr. Cyclops"(r. di E. B. Schoedsack, 1940), dove uno scienziato utilizza tre ignari turisti per i suoi esperimenti di rimpicciolimento.

Nel cinema degli anni Cinquanta vi sono stati diversi film che mostravano processi di ingigantimento di persone o animali, spesso attraverso le radiazioni. Tra questi "Attack of the 50 Foot Woman"(r. N. Juran, 1958), "I giganti invadono la Terra" ("The Amazing Colossal Man", r. di B. I. Gordon, 1957), "Radiazioni BX: distruzione uomo" ("The Incredible Shrinking Man", r. di J. Arnold, 1957). Altri sono parenti stretti dell’elemento fantastico “mostri giganti”: "Assalto alla Terra" ("Them!", r. di G. Douglas, 1954, dove a seguito di un esperimento nucleare nel deserto, una serie di animali mostruosi attaccano le città) e "Tarantula"(r. di J. Arnold, 1955) dove uno scienziato inventa un prodotto per ingrandire gli animali per far fronte al fabbisogno alimentare mondiale, ma una tarantola scappa dal laboratorio seminando distruzione.

Il più film più famoso su questo elemento fantastico è "Viaggio allucinante" ("Fantastic Voyage", r. di R. Fleischer, 1966) dove un gruppo di scienziati viene miniaturizzato con il loro veicolo e iniettato nelle vene di una vittima di attentato per salvarlo rimuovendo un embolo.

Ha riscosso un enorme successo di pubblico la commedia “Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi” ("Honey, I Shrunk the Kids", r. J. Johnston, USA, 1989), dove uno scienziato svitato rimpicciolisce per errore i propri figli. Dato il grande successo fu realizzato un sequel nel 1992 "Tesoro, mi si è allargato il ragazzino" ("Honey, I Blew Up the Kid"), dove invece il figlio di due anni si ingrandisce mostruosamente e poi un altro nel 1997 "Tesoro, ci siamo ristretti anche noi " ("Honey, We Shrunk Ourselves"), dove a rimpicciolirsi sono i genitori e i loro figli devono salvarli.

 "Dr. Cyclops"(r. di E. B. Schoedsack, 1940) .

"Attack of the 50 Foot Woman"(r. N. Juran, 1958).


"Viaggio allucinante" ("Fantastic Voyage", r. di R. Fleischer, 1966) .

Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi” ("Honey, I Shrunk the Kids", r. J. Johnston, USA, 1989).



I poteri paranormali

“Poteri paranormali” è un termine generico per indicare una serie di capacità umane che non sono considerate credibili dalla scienza, quali telepatia (lettura del pensiero), precognizione (capacità di prevedere il futuro), chiaroveggenza (capacità di un individuo di percepire visivamente cose a lui distanti), telecinesi (capacità di spostare oggetti o comunque influire sull’ambiente con la forza del pensiero), spiritismo (capacità di comunicare con lo spirito dei morti). Le prime tre vanno anche sotto il nome di capacità extrasensoriali. I poteri paranormali testimoniano del diffuso bisogno di credere che la nostra mente abbia possibilità infinite, e che la realtà esterna, percepita come oscura e pericolosa, sia da questa modificabile e pienamente decifrabile: il mondo e i suoi eventi divengono in questo modo più controllabili e gestibili. Per questo, in una società percepita come sempre più priva di sicurezze e punti di riferimento, i maghi conoscono un crescente successo. Non si tratta solo di fantasie infantili, ma di vere e proprie credenze diffuse tra gli adulti. Secondo una ricerca della Gallup del 2005 il 41% della popolazione USA, ad esempio, crede alle percezioni extrasensoriali.

La telepatia è un fenomeno attribuito ad una serie di personaggi del genere supereoi (come il professor Xavier negli X-Men) e nel cinema di fantascienza (alcuni Jedi in "Star Wars"; Betazoidi in "Star Trek"; i precog di "Minority Report"). Il genere dove i poteri paranormali hanno avuto più successo comunque è l’horror (le serie tv "X-files"...). Tra i film del genere fantastico troviamo "Il miglio verde" ("The green mile", r. di F. Darabont, USA, 1999) dove un detenuto in attesa della condanna a morte compie una serie di miracoli di cui è testimone il carceriere; "Powder" (r. di V. Salva, USA, 1995) dove un ragazzo albino è dotato di poteri sull’elettricità; "Il sesto senso" ("The Sixth Sense", r. di M. N. Shyamalan, USA, 1999) dove un ragazzo si mostra particolarmente abile a parlare coi morti.

"Il miglio verde" ("The green mile", r. di F. Darabont, USA, 1999).

"Il sesto senso" ("The Sixth Sense", r. di M. N. Shyamalan, USA, 1999).



I fantasmi

I fantasmi sono un elemento costante di tante culture, possono o no essere associati a dei morti, possono incutere timore, o al contrario dispensare saggi consigli, come accade nella tradizione greco-romana. In ogni caso si tratta di apparizioni dalle più svariate forme, e in ogni caso sprovviste di fisicità. Nella nostra cultura queste apparizione incutono sempre timore. Per questo il macrogenere che più li ha incorporati è l’horror ("Poltergeist", r. di T. Hooper, 1982; "The Entity", r. di S. Furie, 1981; "The Haunting", r. di R. Wise, 1963, remake nel 1999; "Ring", r. di H. Nakata, 1998) e il comico ("Ghostbusters", r. di I. Reitman, 1984, sequel nel 1989), adatto ad esorcizzare la paura. I pochi film fantastici, che puntano dunque non sulla paura, ma sul far vivere al pubblico una determinata fantasia, hanno tratti da commedia ("Beetlejuice", r. di Tim Burton, 1988) o mantengono un tono favolistico ("Casper", r. di B. Silbering, 1985).

"Casper" (r. di B. Silbering, 1985).

"Beetlejuice" (r. di Tim Burton, 1988).



Il ritorno dalla morte

In qualche modo legato all’elemento fantastico precedente, è il tema del ritorno dalla morte: il protagonista muore e si trova nella condizione di poter tornare sulla Terra, solitamente attraverso il corpo di un altro, per portare a termine una vendetta, oppure per godere di una seconda possibilità. Anche questa fantasia, se trattata in chiave fantastica e non horror, ha un carattere consolatorio e sdrammatizzante nei confronti della morte. Il film di maggior successo al riguardo è "Il Paradiso può attendere" ("Heaven Can Wait", r. di W. Beatty, 1978) a sua volta un remake di un film del 1941 ("L'inafferrabile signor Jordan", "Here comes Mr. Jordan, r. di A. Hall"), cui è seguito nel 2001 un ulteriore remake ("Ritorno dal Paradiso", "Down to Earth", r. dei Weitz Brothers). Altro film sullo stesso tema è "Ghost"(r. di J. Zucker, 1990), che miscela fantastico e romantico. Agli stessi bisogni sdrammatizzanti risponde anche "Meet Joe Black" (r. di M. Brest, 1998, remake di un film del 1934, "La morte in vacanza" ("Death Takes a Holiday", r. di M. Leisen), dove è la morte a farsi uomo e a ... innamorarsi.

"Heaven Can Wait" (r. di W. Beatty, 1978).

"Ghost"(r. di J. Zucker, 1990).



Le streghe

La figura della strega si trova in tantissime culture. Dalla maga Circe della tradizione greca alla Baba Yaga della tradizione slava. Sono donne solitarie, a volte ripugnanti e crudeli, altre volte belle e pericolose, che anche con i maschi ingaggiano lotte alla pari. Nella tradizione occidentale il termine strega ha sempre avuto una connotazione negativa. Quando la donna dotata di poteri magici è buona si scelgono altri nomi (fata, oppure, se la strega porta doni, anche se è vecchia e viaggia su una scopa come qualsiasi strega, si chiama Befana). Esse hanno rappresentato per molto tempo la proiezione delle paure maschili di perdita di potere a favore delle donne. Non è un caso che quando la cinematografia USA ha sdoganato il termine (witch) è stato a favore di figure di streghe che utilizzavano la magia per fini seduttivi, più precisamente a scopo matrimonio: dunque un potere non "pericoloso", tanto più che queste fiction erano delle commedie. La prima è stata "Ho sposato una strega" ("I married a Witch", r. di R. Clair, USA, 1942, con V. Lake), cui seguì anni dopo "Una strega in Paradiso" ("Bell, Book and Candle", r. di A. Quile, USA, 1958, con Kim Novak). Il definitivo addomesticamento del termine si ebbe negli anni Sessanta con la sitcom di enorme successo "Vita da strega" ("Bewitched", in onda dal 1964 al 1972). Di impianto simile "Strega per amore" ("I dream of Jeannie", dal 1965 al 1970), dove invece di una strega c’è un genio femmina. Ispirato a queste commedie è il recente "Vita da strega" ("Bewitched", r. di N. Ephron, USA, 2005, con N. Kidman). Si tratta di donne che non utilizzano i propri poteri contro gli uomini, ma per conquistarli.

La rottura con questa impostazione si avrà dopo gli anni Settanta grazie al femminismo che rivaluterà la figura della strega cattiva. Appaiono così una serie di streghe che utilizzano i propri poteri anche contro gli uomini o per difendersene. Appartenenti a questo filone: "Le streghe di Eastwick" ("The Witches of Eastwick", r. di, USA, 1987) e soprattutto la serie TV "Streghe" ("Charmed", dal 1998 al 2006).

La figura della strega è diffusa anche nel fantasy. Significativo che in un romanzo scritto prima del femminismo come "The Chronicles of Narnia" (di C. S. Lewis, 1950, da cui è stata tratta una serie di film) la strega sia cattiva (è chiamata “la strega bianca”, che nell’intenzione dell’autore rappresenterebbe lo stesso Satana), mentre in un romanzo scritto successivamente "Nothern Lights" (del P. Pullman del 1995 da cui è stato tratto il film “La bussola d’oro” e una serie TV) vi è invece addirittura un intero esercito di streghe con tanto di cappello e scopa dalla parte del bene.

"Una strega in Paradiso" ("Bell, Book and Candle", r. di A. Quile, USA, 1958).

"Streghe" ("Charmed", dal 1998 al 2006).



Il viaggio nel tempo

Troviamo anche in questo elemento fantastico una base letteraria: "The Time Machine" di H. G. Wells, pubblicato nel 1895, dove uno scienziato costruisce una macchina del tempo che lo porta nel futuro. Direttamente ispirato al romanzo fu realizzato nel 1960 "L'uomo che visse nel futuro" ("The Time Machine", r. di G. Pal, remake nel 2002 per la regia di S. Wells). Sulla stessa tematica il più grande successo è stato senz’altro raggiunto dalla trilogia "Ritorno al futuro" ("Back to the Future", r. di R. Zemeckis, 1985, 1989, 1990) che narra le ironiche peripezie a cavallo di varie epoche affrontate da un giovane e da uno stravagante scienziato, inventore di una macchina del tempo ricavata da un'autovettura. Nel corso dei tre episodi i due si trovano a risolvere diversi problemi per evitare catastrofici paradossi temporali.

Altri film propongono un viaggio del tempo senza il supporto di una macchina. Tra questi "The Butterfly Effect"(r. di E. Bress e J. M. Gruber, 2004) e "Donnie Darko" (r. di R. Kelly, 2001).

"L'uomo che visse nel futuro" ("The Time Machine", r. di G. Pal, 1960).

"Ritorno al futuro" ("Back to the Future", r. di R. Zemeckis, 1985).