ASPETTI GENERALI DEL SONORO


Muto e sonoro


 "Il cantante di jazz" ("The Jazz Singer", r. di Alan Crosland, 1927, USA) è considerato il primo film sonoro della storia del cinema perché venivano

pronunciati alcuni dialoghi (mentre altri continuavano ad essere illustrati da didascalie). Il successo fu tale da portare ad una rapidissima adozione del sonoro in tutti i Paesi del mondo.



"L’ultima follia di Mel Brooks" ("Silent Movie", r. di Mel Brooks, 1976, USA) è un film comico in cui l’unica parola udibile è “non”, pronunciata dal mimo Marcel Marceau. Sono però presenti musica ed effetti sonori.



"The Artist" (r. di Michel Hazanavicius, 2011, FR) è un film muto (ma con colonna musicale) e in bianco e nero (anche se originariamente è stato girato a colori) che racconta le vicende di un divo in rovina a causa dell’avvento del sonoro. Le uniche sequenze non mute sono quelle in cui il protagonista ha un incubo (sente i rumori e le voci, ma non la sua voce) e il finale, in cui insieme alla sua amata gira la scena di un musical.



"Juha" (r. di Aki Kaurismäki, 1999, FI) racconta la storia di un triangolo amoroso senza colonna dialoghi, ma con musica. Per riferire le conversazioni si utilizzano gli intertitoli.



Le componenti del sonoro


In "Solaris" ("Soljaris", r. di Andrej Tarkovskij, 1972, URSS) lo scienziato Kris giunge su una stazione che orbita intorno all’omonimo pianeta, il cui grande oceano ha il potere di materializzare i desideri più reconditi della mente degli umani: a Kris appare, con una presenza fisica, la moglie Hari, morta suicida molti anni prima e che lui non ha mai dimenticato. Hari acquisisce sempre più una coscienza umana e dunque anche la consapevolezza di non poter esistere come proiezione dei ricordi, dei desideri e dei demoni di un’altra persona. Dopo che nel silenzio un effetto sonoro riproduce il tintinnare dei cristalli di un lampadario, i due si trovano, insieme ad altri oggetti, a fluttuare in aria. È una metafora poetica che sfugge alla diegesi del film e che per questo è trattata con un ralenti e accompagnata dalla musica (una cantata di Bach già utilizzata in altre parti del film). L’insieme crea un’atmosfera trasognata. Viene poi inquadrato Solaris: la sua presenza viene resa sul piano sonoro con un basso rumore di fondo, apparentemente prodotto dalle masse gelatinose dell’oceano che si muovono senza sosta, come il mare dei ricordi nella mente umana. La musica e il rumore vengono tenuti sullo stesso livello sonoro, come se facessero a gara per prevalere. Così però l’incantamento prodotto dalla musica e dalla messinscena è compromesso: qualcosa di drammatico sta per manifestarsi. In effetti sia la musica sia il rumore vengono interrotti dall’effetto sonoro di un recipiente che si infrange, riprodotto con un’intensità molto alta: Hari ha ingoiato ossigeno liquido ed è riversa a terra.


In "Io e Annie" ("Annie Hall", r. di Woody Allen, 1977, USA) il protagonista lascia momentaneamente la sua New York per raggiungere l’ex fidanzata in California. Per rendere l’antipatia che il personaggio prova per quel luogo, in sede di missaggio è stato alzato il livello del rumore d’ambiente, generato dal traffico cittadino e che minaccia costantemente la comprensibilità del dialogo tra i due.



In "Rosetta" (r. di Jean- Pierre e Luc Dardenne, 1999, BE, FR) non vi è alcun intervento musicale e i dialoghi sono assai radi. I rumori della dura quotidianità della protagonista risaltano con forza. Questa è la scena finale che descrive il tentato suicidio della protagonista e l'incontro con l'amico che lei ha tradito ma dal quale forse viene l'ultima speranza.



L'origine della fonte sonora


In "L’angelo sterminatore" ("El ángel exterminador", r. di Luis Buñuel, 1962, MEX), nella villa in cui i personaggi rimarranno imprigionati, una delle ospiti getta un portacenere contro una finestra. Il vetro che si rompe provoca un rumore (diegetico in) che si prolunga nell’inquadratura successiva (diegetico off), in cui altri due ospiti lo commentano da una sala attigua. Lì si ode in lontananza il suono di un pianoforte (musica diegetica off), che poi in una successiva inquadratura viene visualizzato portando la musica di Paradisi in primo piano sonoro (musica diegetica in). Al pianoforte è appoggiata con tono di sfida la donna che aveva lanciato il posacenere.


In "Per qualche dollaro in più" (r. di Sergio Leone, 1965, IT-SP-BRD) Mortimer vuole vendicare la sorella, violentata e uccisa da Indio. I due antagonisti si sfidano a duello nella scena climax. Lo scontro avrà inizio al termine della musica di un orologio- carillon che contiene l’immagine della ragazza morta. Ad aiutare Mortimer interviene anche il Monco, mettendo in gioco un secondo orologio-carillon quando il primo smette di suonare. Alla musica diegetica del meccanismo si sovrappongono diversi interventi musicali extradiegetici che culminano in un tema di ampio respiro affidato a tromba e orchestra. Il dispiegarsi del tema sostituisce momentaneamente il suono dell’orologio-carillon, portando l’emozione indotta nel pubblico dall’aspettativa ansiosa sull’esito del confronto a una dimensione epica, ingrandendo la statura dei protagonisti. Il tema poi si ritrae e si torna a udire il suono diegetico del carillon che sta per esaurirsi, dando avvio al duello: è un esempio di transizione da diegetico a extradiegetico e ritorno, opera di Ennio Morricone.


In questa scena de "La recita" ("O Thiasos", r. di Thodoros Anghelopulos, 1975, Grecia)  la rappresentazione teatrale della compagnia protagonista del film è per l'ennesima volta interrotta. Senza mostrarci nulla, e col solo uso dei rumori off e di qualche semplice effetto di illuminazione, l'autore racconta della fuga del pubblico e dell'arrivo dei primi bombardamenti della seconda guerra mondiale.



"Family Life" (1971, UK) è quasi interamente composto di dialoghi tra due o tre personaggi, ma le inquadrature per una parte del tempo non riprendono chi sta parlando (lasciando dunque la sua voce in off), lasciando in campo invece l'interlocutore. La tecnica permette di osservare la reazione mimica dei personaggi all’ascolto delle parole dell’interlocutore, e ciò, unito alla fissità della distanza apparente, permette al pubblico una osservazione quasi "scientifica" delle relazioni sociali che in qualche modo hanno "obbligato" Janice ad ammalarsi. 



Ne "Il sorpasso" (r. di Dino Risi, 1962, IT) lo studente di legge non ha il coraggio di dire chiaramente ciò che pensa. Così le sue considerazioni sono spesso rese da voci interiori. Da notare che l'effetto sonoro della rottura della mensola è reso in off per accrescere la comicità della situazione.



In "San Michele aveva un gallo" (r. di Paolo e Vittorio Taviani, 1972, IT), ambientato durante il Risorgimento, il protagonista è rinchiuso in isolamento dopo il fallimento di un tentativo insurrezionale. Per cercare di mantenersi in forma inventa vari stratagemmi, tra i quali quello di immaginarsi fuori dal carcere. In uno di questi momenti il film fa sentire i suoni prodotti dalla gente che gli si avvicina per comprare un gelato, mentre il visivo lo mostra seduto nella sua cella: un chiaro esempio di suono interiore.



In questa sequenza i quattro amici spendono i pochi soldi che hanno fuori dalla loro città. Volendo rinunciare alle dissolvenze incrociate per la gran parte del film, gli autori di "Gioventù, amore e rabbia" ("The Loneliness of the Long Distance Runner", r. di Tony Richardson, 1962, UK) devono lavorare sul suono. Il legame tra prima e seconda scena è favorito dal prolungamento della musica (L cut) sulla scena successiva e sull'anticipazione (J cut) del suono di quella dopo.



L'incipit di "Aguirre, furore di Dio" ("Aguirre, der Zorn Gottes" di Werner Herzog, Germania, 1972)  mostra la spedizione degli spagnoli nel suo stadio iniziale della discesa dalle Ande. Il voice over è del frate Gaspar de Carvajal, al cui diario il film si ispira, anche se sul piano storico non prese parte alla spedizione.



La localizzazione


In "L’odio" ("La Haine", r. di Mathieu Kassovitz, 1995, FR) non c’è musica, a parte quella diegetica, ma in compenso si trova una quantità davvero inusitata di dialoghi, spesso sovrapposti. Il parlato, al quale hanno partecipato anche gli attori, è una componente fondamentale del film, perché riproduce il tipico, creativo linguaggio delle periferie parigine. Per salvaguardarlo, il film compie spesso violazioni di regole consolidate. Nel fotogramma, il primo piano sonoro è dedicato alla conversazione dei due amici sullo sfondo (in modo da dare continuità rispetto all’inquadratura precedente) e non a quella dei due sul primo piano visivo (in modo da dare rilevanza al carattere riservato della transazione che si compie più vicino agli occhi del pubblico).


Il quartiere dove vivono i protagonisti de "L'odio" ("La Haine", di Mathieu Kassovitz, 1995, Francia) è sotto assedio da parte della polizia. Il livello sonoro del loro dialogo viene tenuto alla stessa altezza per dare continuità all'azione e per rendere chiaro il punto di vista dell'autore.



In "Io e Annie" ("Annie Hall", r. di Woody Allen, 1977, USA) alcune conversazioni vengono tenute allo stesso livello sonoro anche nel passaggio dei due personaggi dal Campo lunghissimo al Piano medio. In questo modo le voci sono sempre sul primo piano sonoro: ciò esalta la loro importanza, ma provoca un leggero e divertito effetto di irrealtà, accentuato dal fatto che si sono dovuti sacrificare alcuni effetti sonori – come quello dei passi –, mantenendo solo un generico suono d’ambiente urbano. Questa modalità di resa sonora prende il nome di offset walk.



In "Interiors" (1978, USA) Woody Allen rinuncia alla musica e valorizza dialoghi e suoni ambientali. In questa scena una delle sorelle si butta nell’oceano per evitare il suicidio della madre, mentre suo marito e la nuova moglie del padre, Pearl, la soccorrono. L'assenza delle voci aumenta la forza espressiva dei suoni delle onde. È portato invece sul primo piano sonoro il soffio che Pearl, la nuova madre, semplice ma calorosa, infonde nei polmoni della figliastra e che la porta a nuova vita.



La spazialità


Film stereofonici sono stati realizzati sin dagli anni ’30, ma si diffusero massicciamente solo a partire dalla metà degli anni ’70, con l’affermazione del dolby stereo, uno standard che prevede la distribuzione del suono fino a quattro canali. Il successo di "Guerre stellari" ("Star Wars", r. di George Lucas, 1977, USA) ne incoraggiò la rapida adozione a livello mondiale.



Un ulteriore salto di qualità si ebbe con il Dolby Digital, che prevedeva cinque canali (tre anteriori e due posteriori, più uno per le basse frequenze liberamente collocabile, per questo conosciuto anche come 5.1). Il primo film ad utilizzarlo fu "Batman: Il ritorno" ("Batman Returns", r. di Tim Burton, 1992, USA), dopodiché fu rapidamente adottato ovunque.



Questo standard è in via di superamento, grazie al Dolby Surround 7.1, che aggiunge due nuovi canali. Il primo film ad inaugurarlo è stato "Toy Story 3" (r. di Lee Unkrich, 2010, USA).



Il Dolby non è comunque l’unico standard esistente. I suoi più diretti concorrenti sono il DTS (Digital Theater System) con una gamma di prodotti del tutto comparabile al Dolby e che è stato introdotto con "Jurassic Park" (r. di Steven Spielberg, 1993, USA) e...



... l’SDDS (Sony Dynamic Digital Sound), utilizzato per la prima volta in "Last Action Hero" (r. di John McTiernan, 1993, USA).