Il genere NOIR


Per noir si intende una tipologia di film dove intorno ad un evento criminale ruota la relazione ambigua tra un eroe maschile disincantato e apparentemente forte ed una dark lady seduttiva e freddamente lucida nel perseguire i propri obiettivi personali. Il termine è stata utilizzato dalla critica francese negli anni Cinquanta, poi si è generalizzato. Oggi non esiste un consenso generale sul suo utilizzo e alcuni definiscono noir qualsiasi crime movie che abbia un'atmosfera cupa e pessimista. In questa sede si utilizzerà la definizione più restrittiva.

Negli anni Trenta si diffusero una serie di romanzi che avevano alla base racconti pubblicati su riviste pulp, cioé a basso costo. Questa letteratura sovvertiva la tradizione inglese del mystery alla Arthur Conan Doyle: freddo, basato su un mistero da chiarire, poco realistico. Gli autori hard boiled, come vennero chiamati, prediligevano invece dialoghi serrati, azione, ambientazioni realistiche, molta violenza e riferimenti sessuali espliciti. Il maestro riconosciuto di questa scuola fu Dashiel Hammett (creatore del personaggio di Sam Spade), altri seguirono il suo esempio come Raymond Chandler (creatore del personaggio di Philip Marlowe) e James Cain. Esiste un filone letterario classicamente noir che perdura sino ad oggi, ne è un esponente James Ellroy.

All'inzio degli anni '40 furono prodotti negli USA una serie di film che codificarono il genere: "Il falcone maltese" ("The Maltese Falcon", r. di John Huston, 1941), "La fiamma del peccato" ("Double Indemnity", r. di Billy Wilder, 1944), "Il grande sonno" ("The Big Sleep", r. di Howard Hawks, 1946), "Il postino suona sempre due volte" ("The postman Always Rings Twice", r. di  Tay Garnett, 1946). Alcuni di questi film vennero prodotti come B-movies, film di basso costo destinati ad accompagnare nei cinema la pellicola principale come secondo spettacolo. Di noir se ne produssero in gran numero sino agli anni '50. Tra questi: "L'ombra del passato" ("Murder, My Sweet", r. di Edward Dmytryk, 1945), "Gilda" (r. di Charles Vidor, 1946).

"Il falcone maltese" ("The Maltese Falcon", r. di John Huston, 1941).

"L'ombra del passato" ("Murder, My Sweet", r. di Edward Dmytryk, 1945).


Poi negli anni '60 e '70 non si produssero più noir, sino a "Chinatown" diretto nel 1974 da Roman Polanski. Il film riproduce le caratteristiche tipiche del genere, ma ribaltandole dall'interno. Non poteva che essere così: gli anni Settanta hanno segnato un forte rinnovamento non solo della società (contestazione politica, femminismo, ecc.), ma anche del cinema. In Chinatown la dark lady non è più una proiezione delle paure maschili, ma una vittima della società patriarcale, la corruzione della società non appare come un dato inspiegabile, ma è presentata come il risultato ultimo della ricerca del profitto. Da Chinatown in poi, pur con tutta una serie di innovazioni, il genere ricevette un nuovo impulso, anche se non ai livelli degli anni Quaranta. 

Il noir è stato spesso visitato anche da autori non di genere, come Luchino Visconti ("Ossessione", 1943), Orson Welles ("La signora di Shangai", "The Lady from Shangai", 1947), Billy Wilder ("Viale del tramonto", "Sunset Boulevard", 1950, r. di ), Fritz Lang ("Il grande caldo", "The Big Heat", 1953), Robert Altman ("Il lungo addio", "The Long Goodbye", 1973), David Linch ("Mulholland Drive", 2001).

"Chinatown" (r. di Roman Polański, 1974, USA).

 "La signora di Shangai" ("The Lady from Shangai", r. di Orson Welles, 1947).


Negli anni '50 si sviluppò un sottogenere francese, chiamato polar, che ha la caratteristica cupezza del noir ma che in realtà ha caratteristiche differenti (maggior concentrazione sulla parte poliziesca, assenza della dark lady). Alcuni dei film: "Legittima difesa" ("Quai des Orfèvres", r. di Henri-Georges Clouzot, 1947), "Il vizio e la notte" ("Le desordre de la nuit", r. di Gilles Grangier, 1958), "Il buco" ("Le trou", r. di Jacques Becker, 1960), "Asfalto che scotta" ("Classe tous risques", r. di Claude Sautet, 1960), "Lo spione" ("Le doulos", r. di Jean-Pierre Melville, 1962).

 "Il buco" ("Le trou", r. di Jacques Becker, 1960).

"Lo spione" ("Le doulos", r. di Jean-Pierre Melville, 1962).


I noir adottano in maniera sistematica il punto di vista dell'eroe maschile. Vi è un noir che è stato addirittura girato interamente in soggettiva ("Una donna nel lago", "Lady in the Lake", r. di Roberto Montgomery, 1947). Il protagonista del noir è un personaggio reso piuttosto cinico dalla vita, non più giovane, senza una relazione stabile con una donna, la cui supposta durezza viene di solito sottolineata dall'intenso uso di fumo e alcool, e da dialoghi secchi e sarcastici. Nessuno riesce a fregarlo, si direbbe, ad eccezione della dark lady. Se è un detective lo vediamo adottare mezzi spesso poco leciti, ma alla fine si riconoscono chiaramente le sue salde convinzioni morali. Nel caso sia lui stesso l'autore del crimine, si lascia intendere che si tratti comunque di una brava persona, purtroppo momentaneamente sviata dalla dark lady. In qualche film l'eroe ha un amico, e se l'eroe compie un delitto imperdonabile, è l'amico ad incarnare la positività dell'universo maschile, in caso contrario l'amico lo tradisce o muore.

La dark lady è una donna forte, che usa le armi della seduzione per raggiungere i propri fini, che saranno chiari solo alla fine, e che di solito consistono nell'accumulazione di denaro e/o nella liberazione dal proprio marito. La sua relazione con l'eroe maschile è strumentale: se ne serve per raggiungere i propri fini. In gran parte dei noir però vi è un alone di ambiguità nella sua relazione con l'eroe maschile, e si lascia trasparire un certo coinvogimento. Questa figura è una proiezione delle paure maschili riguardo al "potere" della seduzione femminile, alla possibilità che la donna possa recidere il legame maritale, o che possa gestire senza tutela maschile grosse somme di denaro.

L'ambientazione è urbana, spesso in esterni. La gran parte delle scene sono notturne. L'illuminazione è vagamente espressionista: zone scure, ombre, volti contrastati, luci direzionali.

L'intreccio è sempre estremamente complesso, ma ciò non ha mai scoraggiato il pubblico del noir in cui la caratterizzazione dei personaggi è più importante della coerenza del plot e la capacità di sostenere ininterrottamente un'atmosfera è più decisiva dell'attenzione all'evoluzione dell'indagine. Gran parte delle storie vedono coinvolti personaggi potenti o molto ricchi, dei quali si sottolinea l'assenza di moralità e la spregiudicatezza. Del resto non vengono mostrati personaggi esenti dal richiamo del denaro, e dunque la visione complessiva del mondo che ne emerge è assai pessimista. Su tutto incombe una sorta di destino che deve compiersi. Spesso è la voce narrante del protagonista maschile a dare questa impressione, a volte anticipando la tragicità dell'epilogo. Il noir raramente si basa sul tempo lineare: abbondano flash-back, dissolvenze, ricorrenze circolari.