Il genere THRILLER


Il genere thriller è nato sulla scia delle trasformazioni del mystery. Da questo tipo di racconto sono nati altri filoni che hanno via via privilegiato le parti dedicate all'azione, mettendo in secondo piano l'importanza della risoluzione del mistero, ad esempio il noir e il poliziesco. Il thriller si è sviluppato dagli anni Cinquanta, a partire dai film di Hitchcock, per poi trovare più tardi anche una base letteraria (con scrittori come  Robert Ludlum, Dan Brown, Tom Clancy, Michael Crichton, Ken Follett).

L'elemento mystery (chi è stato?) nel thriller è di secondaria importanza. La domanda di fondo dello spettatore non è "chi è stato?", ma "ce la farà?". A differenza del mystery, il thriller non si sente in dovere di spiegare ogni fatto narrato, l’azione prevale sul mistero ed è sull’azione e sui mezzi usati dal protagonista per superare gli ostacoli che si costruisce la suspense. Il thriller si distingue dal noir perché i suoi personaggi sono meno cupi, spesso si tratta di persone comuni che devono cavarsela in situazioni difficili. La filosofia di fondo del noir inoltre è che il mondo è irrimediabilmente marcio, nel thriller invece il mondo scorre avanti luminoso e indifferente alle vicissitudini del nostro eroe, che, se potesse, in quel mondo vorrebbe subito tornare.
Il thriller si distingue dal poliziesco perché l'eroe non è preparato ad affrontare i guai che l'aspettano. Nel poliziesco invece le forze dell'ordine portano avanti una indagine che comporta rischi, ma a questi sono in qualche modo professionalmente preparati. La domanda di fondo del poliziesco è: "come farà a incastrarli?" È la caccia che viene sottolineata. Nel thriller invece è il protagonista ad essere cacciato.  Il thriller vede generalmente il protagonista precipitare in un clima di persecuzione: solitamente un nemico vuole ucciderlo e questo continuo rincorrere e fuggire crea nella vittima (e quindi nel pubblico che è portato a identificarsi col protagonista) un'ansia che però non lo immobilizza. Nel thriller infatti il perseguitato reagisce, inventa, combatte. Il classico sentimento che il thriller cerca di indurre nel pubblico è noto come suspense.


Il protagonista di "Witness" (r. di Peter Weir, 1985, USA) è un commissario e quello di "Training Day" (r. di Antoine Fuqua, 2001, USA) un poliziotto, ma non sono polizieschi: questi film non si reggono su una loro indagine e su come riusciranno a incastrare i colpevoli. I casi in cui sono implicati li porteranno a mettere in gioco le loro esistenze e il pubblico si domanderà: sopravviveranno? 


La codificazione del genere si deve a Hitchcock. Film quali "Notorious" (1946, USA), "Intrigo internazionale" ("North by Northwest", 1959) costituiscono la base di riferimento per il genere. In questi film si stabilisce un perfetto equilibrio tra la storyline sentimentale (quasi sempre presente nei thriller, a differenza dei film d'azione) e quella dedicata all'azione: alla fine la risoluzione dell'una è sempre anche la chiave per risolvere l'altra.


Martin Scorsese ha realizzato diversi thriller dalla foggia classica. "Cape Fear - Il promontorio della paura" ("Cape Fear", 1991), su una famiglia ostaggio di uno psicopatico, e "Shutter Island" (2010), dove il protagonista sembra intrappolato in un manicomio criminale.


Il thriller è stato utilizzato dagli anni Settanta per dare una forma popolare a tematiche di contestazione sociale caratteristiche di quegli anni. Un esempio tipico è "I tre giorni del condor" ("Three Days of the Condor", r. di Sydney Pollack, 1975, USA), un film di denuncia contro i complotti della Cia. "The Manchurian Candidate" (r. di Jonathan Demme, 2004, USA) riprende le stesse tematiche ma con un taglio più da psicothriller.

Ne "Il promontorio della paura" ("Cape Fear", r. di J. Lee Thompson, 1962, USA) un criminale che pensa di non essere stato difeso efficacemente dal suo avvocato, lo prende in ostaggio insieme alla sua famiglia.

In "La calda notte dell'ispettore Tibbs" ("In the Heat of the Night", r. di Norman Jewison, 1967, USA) il protagonista è un ispettore nero, ma calato in una realtà in cui a causa del razzismo la sua stessa vita è in pericolo. 



In "Vite vendute" ("Le salaire de la peur", r. di Henri-Georges Clouzot, 1953, FR-IT) un gruppo di disperati accetta di portare un carico altamente esplosivo attraverso un territorio impervio. "Il salario della paura" ("Sorcerer", r. di  William Friedkin, 1977, USA) è un remake.


Roman Polański ha realizzato vari thriller dall'andamento hitcockiano, ma con una differenza significativa: il punto di vista rimane incollato sempre addosso al protagonista, il pubblico ne sa quanto il personaggio. "L'uomo nell'ombra" ("The Ghost Writer", 2010, FR-DE-UK) e "Frantic" (1988, FR-USA). 

In "Collateral" (r. di Michael Mann, 2004, USA) un taxista è costretto ad accompagnare un killer nell'esecuzione delle sue vittime.

In "A History of Violence" (r. di David Cronenberg, 2005, USA-DE) il protagonista deve salvare se stesso e la sua famiglia da criminali che sostengono che è uno di loro.



Dagli anni 2000 il genere si è ibridato con il film d'azione dando vita all'action thriller: il pubblico continua a domandarsi "ce la farà?", l'eroe però non è un uomo qualunque, ma è dotato di molte risorse (sa sparare, sa combattere, ecc.), che dovrà utilizzare per uscire dal vicolo cieco in cui sembra bloccato.

"The Bourne Identity" (r. di Doug Liman, con Matt Damon, 2002, USA, Germania, Repubblica Ceca).

"Io vi troverò" ("Taken", r. di Pierre Morel, con Liam Neeson, 2008, Francia).