LE GUERRE INDIANE E IL CINEMA


LE GUERRE A EST DEL MISSISSIPI

Poco tempo dopo l'indipendenza, gli USA acquisirono anche il rimanente territorio francese e con ciò aumentarono le ambizioni territoriali. I gruppi dirigenti degli USA si dettero per obiettivo conquistare tutte le terre tra i due oceani. Questo obiettivo fu perseguito a spese dei nativi e del Messico.

Nei confronti dei nativi, i coloni sin dai primi insediamenti attuarono una politica che alternava momenti di accordo, quando si sentivano più deboli, a politiche aggressive che arrivarono sino allo sterminio. Dal 1775 al 1842 le guerre tra coloni e indiani si svolsero prevalentemente ad Est del Mississipi, dato che il West non era abitato dai coloni europei, ma da nativi e messicani. Queste guerre accompagnarono i conflitti che opposero gli USA alle potenze europee, in particolare ai britannici. La guerra d'indipendenza fu allo stesso tempo una guerra contro gli indiani, sostenuti dai britannici (anche se alcune tribù si schierarono con gli statunitensi). In questa fase le nazioni native che più dettero filo da torcere ai coloni e al loro esercito furono i Creek, i Cherokee, gli Shawnee, gli Irochesi e i Seminole. Queste guerre finirono quando fu approvato nel 1830 l'Atto di rimozione che autorizzava il presidente, in pratica, ad espellere al di là del Mississipi le tribù indiane insediate ad est del fiume. La deportazione avvenne a tappe forzate e costò agli indiani migliaia di morti. Tuttora negli stati USA dell'Est gli indiani sono ben pochi. La maggior parte delle tribù, fiaccate da decenni di sconfitte, accettarono il trasferimento, altre si ribellarono e furono sconfitte, a parte i Seminole.

Il trasferimento forzato dei Cherokee è particolarmente esemplare. I Cherokee erano una nazione della lega irochese, residente quindi a Est del Mississipi, che combatterono i coloni per tutto il XIX subendo parecchie stragi e la distruzione dei propri villaggi. Furono spesso alleati degli inglesi, che li consideravano una "tribù civilizzata". I Cherokee dettero una forma scritta alla loro lingua, inventandosi i diversi segni alfabetici. Molti di essi divennero avvocati, proprietari terrieri, ecc. Ma servì a poco. Con l'Atto di rimozione, nel 1831 furono costretti dall'esercito ad andarsene per raggiungere l'attuale Oklahoma. Lungo il cammino, che fu poi chiamato Trail of Tears, morirono 4000 persone su 12000 deportati. Oggi sono il gruppo indiano più numeroso (il secondo è quello Navajo, con 300.000 persone). Secondo il censimento USA del 2000 si dichiarano Cherokee più di 700.000 persone. Curiosità: hanno forti ascendenze cherokee numerosi personaggi del mondo dello spettacolo, tra i quali Johnny Depp, Kevin Costner, Megan Fox, Jimi Hendrix, Chuck Norris, Quentin Tarantino, Ron Howards, Kim Basinger.


"Seminole" (r. di Budd Boetticher, 1953).

"La rivolta dei seminole" ("Seminole uprising", r. di Earl Bellamy, 1955, USA).


I Seminole sono quella parte della nazione Creek che nel XVIII secolo si stabilì in Florida a causa della pressione dei bianchi sulle loro terre. Il nome significa in effetti "fuggitivo", in lingua creek. Successivamente altre tribù e gruppi di schiavi neri che erano scappati si integrarono ai Seminole e dettero vita ad una delle più combattive nazioni degli USA. Tra il 1814 e il 1818 combatterono la loro prima guerra, e con quel pretesto gli USA occuparono la Florida, che era colonia spagnola. I Seminole si opposero poi alle politiche di trasferimento della popolazione e combatterono altre due guerre tra le più violente nella storia USA, praticando una guerriglia incessante. La resistenza dei Seminole non si piegò, anche se migliaia furono trasferiti forzatamente o uccisi. Rimasero sul territorio alcune centinaia di Seminole che non si arresero: nonostante la netta inferiorità di numero e armamento, conoscevano perfettamente il terreno paludoso nel quale si muovevano. Per questo i Seminole sono l'unica nazione di nativi a non aver mai sottoscritto un accordo di pace coi bianchi. Solo nel 1957 il governo degli Stati Uniti confermò la sovranità dei Seminole sui territori tribali che già occupavano e indennizzarono quelli confiscati. Curiosità: i Seminole sono proprietari della catena "Hard Rock Café", e quello di Davie, in Florida, è oggi il loro quartier generale.


La progressiva colonizzazione del territorio statunitense a spese delle nazioni native.


LE GUERRE CONTRO SPAGNA E MESSICO


La pressione sui nativi si sommò a quella nei confronti dei possedimenti spagnoli (e messicani poi). Nel 1819 la Spagna dovette cedere la Florida che gli USA avevano in parte occupato con il pretesto di reprimere gli indiani che sconfinavano in Georgia (in cambio la Spagna ottenne dagli USA la promessa non mantenuta di rinunciare a pretese sul Texas). Con l'indipendenza del Messico dalla Spagna, la pressione degli USA sui territori di lingua castigliana si mantenne intatta. Gli Stati Uniti cominciarono una politica di colonizzazione del Texas ed appoggiarono poi la guerra di indipendenza portata avanti vittoriosamente tra il 1835 e il 1836 dai suoi coloni, preludio all'unificazione con gli USA. 

Il Messico rifiutò di accettare l'annessione del Texas da parte degli USA avvenuta nel 1845 e ne scaturì una guerra dal 1846 al 1848 ("Guerra messicana") che gli USA, superiori tecnologicamente, vinsero agilmente, arrivando all'occupazione temporanea della capitale, Città del Messico. Non tutti i leader politici statunitensi furono d'accordo, gli antischiavisti come Lincoln vi si opposero dato che nel Messico la schiavitù era vietata, ma non nel sud degli Stati Uniti. Con il Trattato di Guadalupe Hidalgo il Messico cedette agli Stati Uniti, tra l'altro, la California e il Nuovo Messico. Gli USA arrivarono così alla metà del XIX secolo a quella che è più o meno l'attuale conformazione territoriale. Nella cultura popolare statunitense, e dunque nel cinema, il processo di conquista dei territori messicani è vissuto con estremo imbarazzo. Per questo non vi sono molti film che se ne occupano. I pochi tendono ad esaltare la presenza dei coloni texani (quasi assenti nella realtà storica fino ai primi trent'anni del XIX secolo) e la crudeltà e l'arretratezza dei messicani. E' vero che il Messico era sul piano della democrazia formale più arretrato degli USA, ma è anche vero che la schiavitù in Messico era vietata, al contrario che negli USA. In California poi, di coloni britannici ve n'erano assai pochi, il carattere "messicano" di quel territorio era indiscutibile. Dopo l'annessione gli USA incoraggiarono un forte processo di colonizzazione, favoriti anche dal ritrovamento di oro. L'occupazione di gran parte del Messico da parte degli USA rimase una ferita aperta tra i due Paesi per oltre un secolo.

L'ideologia che sosteneva lo sforzo di conquista e colonizzazione del West prese il nome, a metà degli anni 1840, di "destino manifesto" (Manifest Destiny), e sosteneva la "predestinazione" degli Stati Uniti ad impossessarsi di tutte le terre tra le due coste oceaniche. Il processo di colonizzazione fu portato avanti con forza e determinazione, e a farne le spese furono soprattutto i nativi.


LE GUERRE CONTRO GLI INDIANI DELLE GRANDI PIANURE


Le guerre indiane che più sono state oggetto della mitologia popolare sono quelle combattute ad ovest del Messissipi, dal 1846 al 1890, quando il movimento dei coloni bianchi si scontrò con i nativi, spesso discendenti di coloro che erano stati cacciati negli anni precedenti dall'Est. Furono soprattutto due i teatri del conflitto. Il primo fu quello delle Grandi Pianure: le gigantesche praterie nella parte centrale degli USA dove pascolavano i bisonti, sostentamento di una serie di nazioni, tra le quali i Cheyenne, gli Sioux, e Comanche. Il secondo fu quello arido del Sud tra l'Arizona e il Texas e videro protagonisti tra gli altri le nazioni Navajo e Apache. Con tutte queste nazioni la politica usata dagli USA fu comunque la stessa: costringerle all'interno di territori ristretti, chiamati "riserve". Per sorvegliare il territorio il West fu disseminato di "forti" nelle quali soggiornavano le guarnigioni con lo scopo di combattere i nativi o impedire che uscissero dalle riserve. Questi avanposti militari sono stati la scenografia di numerose fiction tese a glorificarne il ruolo.

"Le avventure di Rin Tin Tin" (serie tv di 164 episodi, 1954-1959, USA) ha per protagonista un bambino diventato orfano durante una incursione indiana e salvato dai soldati di un forte, coi quali da allora in convive vivendo mille avventure.

"I cavalieri del Nord Ovest"("She Wore a Yellow Ribbon", r. di John Ford, 1949). Girato nella Monument Valley, il film narra gli atti di eroismo di un ufficiale di cavalleria  di stanza in un forte impegnato contro i Cheyenne.



I comanche sono una tribù di un territorio che comprende attualmente una parte del Nuovo Messico, del Colorado, del Texas, dell'Oklahoma e del Kansas. Si staccarono dalla nazione Shoshone (che parla una lingua Uto-Azteca) subito dopo il 1700. Furono i primi ad utilizzare il cavallo (che si era estinto sul continente migliaia di anni prima, ed era poi ricomparso grazie ai conquistadores spagnoli), che consentì loro una grande mobilità nella caccia. Grazie all'abbondanza di bisonti nelle Grandi Pianure, la loro popolazione crebbe. Dedicavano molto tempo anche alla guerra, e le loro scorribande avvenivano tradizionalmente durante la luna piena, per vedere meglio di notte (la famosa "Luna comanche"). I loro conflitti con i bianchi soprattutto con i texani, divennero abituali, a partire dagli anni '30. La prima battaglia degna di nota fu quella del cosiddetto "massacro di Fort Parker" nel 1836, nella quale un gruppo di Comanche, e altre nazioni, attaccò i coloni stabilitisi nel forte. Destò grande impressione il rapimento avvenuto in quella occasione di Cynthia Ann Parker. Nel 1860, durante la Battaglia di Pease River, le milizie texane distrussero un campo indiano scoprendo in seguito di aver ricatturato Cynthia Ann Parker, la ragazzina che era stata in precedenza rapita. Cyntha tornò quindi a vivere con la famiglia Parker ma senza i suoi figli, uno dei quali, Quanah Parker, divenne in seguito un capo tribù. Più che dalle battaglie i comanche furono battuti dalle malattie portate dai bianchi: a causa di queste passarono dalle 20.000 unità della metà del secolo, a poche migliaia intorno al 1870. Di questa debolezza approfittarono i bianchi che li costrinsero con la forza in una piccola riserva. I bisonti del resto furono ridotti a poche centinaia a metà degli anni '80, per la politica di caccia selvaggia praticata dai bianchi e che finì per affamare i popoli delle praterie, pratica nella quale si distinse Buffalo Bill. Nel 1875 l'ultima banda libera di Comanche, capeggiata proprio da Quanah Parker, si arrese e si trasferì nella riserva di Fort Sill in Oklahoma. Nel 1892 il governo ridusse ulteriormente la dimensione delle riserve comanche venendo meno per l'ennesima volta ai propri impegni.

Sentieri selvaggi (The Searchers, r. di John Ford, 1956).

Cavalcarono insieme (Two Rode Together, r. di John Ford, 1961).



Sioux è il nome europeo della nazione dakota divisa in numerose tribù. Originari dell'Est, si spostarono poi nelle praterie, dove modificarono il loro stile di vita dedicandosi al nomadismo lungo le piste del bisonte, aiutati dall'utilizzo del cavallo. L'insieme dei loro riti è stato poi esteso nella cultura popolare a tutti gli indiani: la pipa rituale (chiamata dagli europei "calumet"), che era usata però anche da altri popoli, le danze a cerchio, il piercing rituale, il tipi (la tenda conica coperta di pelli di bisonte, con un'apertura in alto per far uscire il fumo), il guerriero a cavallo che caccia i bisonti, il copricapo di piume che dimostrava l'audacia di chi l'indossava. Nell'ultima parte del XIX secolo, con la posa dei binari delle ferrovie, i cacciatori (come Buffalo Bill), ingaggiati per rifornire di carne fresca i lavoratori, sterminarono le mandrie di bisonti. E ciò ridusse progressivamente alla fame le tribù sioux che furono costrette per queste ragioni ad entrare nelle riserve. Una volta dentro però, il governo non fece giungere i mezzi di sostentamento che aveva promesso. E così iniziarono le grandi rivolte di questo popolo. Nel 1862 attaccarono numerosi insediamenti di coloni, l'emporio della riserva e ne uccisero l'agente federale. L'esercito li sconfisse e impiccò per rappresaglia una quarantina di loro. Un'altra rivolta sioux si scatenò contro la costruzione della pista Bozeman che attraversava i loro territori e fu guidata da Nuvola Rossa, che si alleò con Cheyenne e Arapaho: si concluse con un accordo favorevole agli indiani (trattato di Fort Laramie, 1868). L'ultima grande azione di resistenza, condotta insieme ai Cheyenne ebbe luogo tra il 1875 e il 1876, per difendere i territori delle Black Hills (invasi dai cercatori d'oro con la complicità del governo) e culminò nella battaglia di Little Bighorn, dove i nativi batterono il 7º Cavalleggeri del generale George Armstrong Custer, che vi morì con quasi tutti i suoi uomini. La vicenda suscitò una enorme impressione tra i bianchi (come dicono gli indiani: «Quando un esercito dei bianchi combatte gli indiani e vince, questa è considerata una grande vittoria, ma se sono i bianchi ad essere sconfitti, allora è chiamata massacro») e l'esercito dette il via ad una serie di terribili rappresaglie. Nonostante vari altri episodi di resistenza la sparizione della principale fonte di alimentazione, il bisonte, indebolì fatalmente i Sioux. Nel 1890 sul torrente Wounded Knee il 7º Cavalleria trucidò nella neve un'intera tribù di sioux, donne e bambini compresi ponendo così fine alla resistenza sioux. Il governo stracciò anche l'accordo di Fort Laramie e riaprì la pista Bozeman. Toro Seduto, uno dei protagonisti della resistenza, fu ucciso.

"La storia del generale Custer" ("They died with their boots on", r. di Roul Walsh, 1941). Una delle storie che esaltano la figura di Custer.

"Il piccolo grande uomo" ("Little Big Man", r. di Arthur Penn, 1970). La figura di Custer viene per la prima volta duramente contestata.



Sia "Un uomo chiamato Cavallo" ("A Man Called Horse", r. di Elliot Silverstein, 1970) che "Balla coi lupi" ("Dances with Wolves", r. di Kevin Costner, 1990) parlano di un bianco che decide di vivere con una tribù sioux. 


Anche i Cheyenne, come gli Sioux e i Comanche, erano indiani delle grandi pianure, anche loro vi si stabilirono nel XVIII secolo e passarono dall'agricoltura stanziale alla caccia mobile del bisonte con l'utilizzo del cavallo. I Cheyenne, diversamente da altri popoli nativi, erano molto compatti: le tribù eleggevano un governo centrale denominato "Consiglio del quarantaquattro". Questo spiega la loro efficienza nella lotta contro i bianchi, nonostante il numero esiguo. Cercarono in varie occasioni un compromesso coi bianchi, ma un loro accampamento eretto con l'accordo governativo lungo il fiume Sand Creek e che sventolava la bandiera americana, fu attaccato nel 1864 dall'esercito statunitense che massacrò circa trecento persone, la gran parte donne, vecchi e bambini. La vicenda fu ricordata come il "Massacro di Sand Creek", che ha ispirato il film "Soldato blu". George Armstrong Custer sorprese un altro villaggio lungo il fiume Washita e fece strage di un centinaio di persone. Un gruppo di Cheyenne continuò la guerra e partecipò poi alla Battaglia di Little Bighorn, nella quale fu annientato l'intero contingente di Custer. Dopo questa battaglia, si intensificò la caccia ai Cheyenne, i quali furono costretti alla resa intorno al 1877.

"Soldato blu" ("Soldier Blue", r. di Ralph Nelson, 1970).

"Cheyenne" ("Winterhawk", r. di Charles B. Pierce, 1975).



Buffalo Bill è lo pseudonimo di William Frederick Cody. Nacque nel 1846. Il padre fu ucciso quando lui aveva 11 anni a causa delle sue idee antischiaviste. All'età di quattordici anni il giovane William divenne uno dei corrieri a cavallo del Pony Express. Si arruolò con gli unionisti durante la Guerra di Secessione. Si sposò con l'italo-americana Louisa Frederici dalla quale ebbe quattro figli. Fino al 1872 venne impiegato come guida dall'esercito statunitense e dalla Pacific Railway. Per rifornire di carne i lavoratori di quest'ultima uccise un numero enorme di bisonti ed è in questa occasione che venne conosciuto come "Buffalo Bill". Nel 1883 creò il "Buffalo Bill Wild West Show", uno spettacolo circense in cui venivano ricreate rappresentazioni western, fra cui la battaglia di Little Bighorn. Tra i suoi ospiti veri cowboy e indiani, tra cui Toro Seduto (il regista Robert Altman ha realizzato un film immaginandosi le discussioni tra i due): fu un successo negli Stati Uniti ed in Europa per più di vent'anni. Nel 1890 partecipò, col grado di colonnello, alla nuova guerra contro i Sioux. Protagonista di molti film, che in generale (a parte il film di Altman) glissano sul suo ruolo nello sterminio degli indiani e delle loro fonti di sussistenza, nonché sulla sua abile vita di impresario dello spettacolo. Anche in Italia il personaggio è stato immortalato da numerosi fumetti a partire dagli anni Trenta.

"Buffalo Bill" (r. di William A. Wellman, 1944).

"Buffalo Bill e gli indiani" ("Buffalo Bill and the Indians, or Sitting Bull's History Lesson", r. di Robert Altman, 1976).



LE GUERRE CONTRO GLI INDIANI DEL SUD


I conflitti nel Sud-Ovest durarono dalle guerre messicane sino alla fine del secolo. Anche se le guerre Navajo ed Apache sono le più conosciute, non furono le uniche.

Gli Apache erano un popolo nomade, dedito alla caccia e alla raccolta nei territori aridi del Sud degli USA. L'abitazione degli Apache era costituita dal wickiup: una piccola capanna fatta di frasche che aveva una forma a cupola. Abitualmente gli Apache portavano i capelli lunghi e sciolti, tenuti fermi da una benda allacciata intorno alla testa; gli uomini indossavano pure un gonnellino aperto sui fianchi e alti mocassini. Usavano il cavallo ma erano corridori dall'incredibile resistenza. Sin dall'invasione spagnola e poi coi messicani, gli apache mantenevano una relazione fatta di commercio e a volte di conflitto. Con il passaggio dei territori messicani agli USA, a partire dagli anni 1850, le relazioni coi bianchi peggiorarono. Presto intrapresero una guerra di guerriglia, durata circa quaranta anni tesa a resistere all'obiettivo USA di costringere i nativi nelle riserve. Erano riserve con scarse risorse natuali, e per questo gli indiani evadevano per compiere razzie. Uno dei leader delle resistenza fu Mangas Coloradas che fu invitato a colloqui di pace a Fort McLane, ma là fu torturato, ucciso e decapitato. Suo genero Cochise proseguì la resistenza capeggiando la stessa banda. Fu costretto poi ad accettare di tornare in una riserva dopo venti anni di guerriglia e vi morì nel 1874. Quando il governo decise di spostare gli Apaches Chiricahuas in un'altra riserva, nel 1876, metà accettarono, l'altra metà, guidata da Geronimo, scappò in Messico. L'anno dopo gli USA riuscirono a catturare Geronimo, poi scappò di nuovo, fu ripreso e scappò di nuovo con 700 apaches. Cominciò una lotta estenuante contro Geronimo fino a che gli USA misero insieme un esercito che tra milizie, soldati e scout contava quasi 10.000 uomini all'inseguimento di 24 guerrieri e delle loro famiglie. Geronimo fu alla fine costretto alla resa nel 1886. Successivamente una parte dei bambini apache fu sottratta ai genitori e mandati in famiglie cristiane, come spesso era usanza in quel tempo. Bande di apache continuarono sporadici atti di resistenza fino alla fine del secolo.

"Fort Apache" ("Il massacro di Fort Apache", r. di John Ford, 1948).

"Geronimo" ("Geronimo, an american legend", r. di Walter Hill, 1993).



I Navajo condividevano con gli Apache una serie di caratteristiche: il ceppo linguistico, l'ubicazione negli attuali Arziona e New Mexico, ecc. ma si specializzarono di più nel pascolo e nell'agricoltura. Mantennero come gli Apache l'abitudine alla razzia come forma di integrazione economica. Gli USA, dopo una campagna di guerra durata un anno e portata avanti da Kit Carson con ferocia (bruciava sistematicamente i loro raccolti e le loro abitazioni) furono obbligati a trasferirsi nella riserva di Bosque Redondo nel 1864. La marci di trasferimento (The Long Walk) costò ai Navajo centinaia di perdite. La riserva era malsana e non adatta all'agricoltura. Furono trasferiti pochi anni dopo in una riserva più adatta, oggi chiamata Navajo Nation. Attualmente i Navajo sono il secondo gruppo indiano per consistenza numerica. Curiosità: la lingua navajo fu usata dall'esercito USA come codice di trasmissione durante la Seconda Guerra Mondiale (e i Navajo impegnati in questa attività si chiamarono Windtalkers) e non fu mai "decifrata" dai giapponesi.


FUMETTO ITALIANO


Tex è un personaggio dei fumetti creato da Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini nel 1948, tuttora pubblicato da Sergio Bonelli Editore. E' a capo di una tribù navajo. Il suo pard Kit Carson è solo omonimo del vero Kit Carson, che invece perseguitò i Navajo.

Magico Vento è un bianco adottato dai Sioux. Il fumetto, edito dalla Bonelli, è stato creato da Gianfranco Manfredi nel 1997 ed è durata fino al 2010 con qualche saltuario ritorno.

Storia del West è una serie a fumetti ideata da Gino D'Antonio stampata dal 1967 al 1980 per un totale di 73 albi. È il primo fumetto che mantiene una stretta aderenza con la realtà storica, soprattutto quella riguardante gli indiani.