IL NEOREALISMO '45-'51


Il neorealismo fu un movimento culturale che si sviluppò in Italia tra il 1945 e il 1951 ed ebbe nel cinema la sua maggiore espressione.

Il neorealismo cinematografico italiano esercitò un vasto e duraturo impatto sull'intero cinema mondiale. L'Italia era riuscita a liberarsi dal fascismo e dall'occupazione tedesca anche grazie a un enorme movimento di resistenza che contribuì a creare un clima di speranza e di rinnovamento che si diffuse nell'ambiente cinematografico. Purtroppo la guerra aveva danneggiato gli studi cinematografici di Cinecittà, sede della gran parte delle produzioni e le truppe statunitensi occupanti ne avevano approfittato per assicurarsi il dominio del mercato. L'entusiasmo e le idee erano molte, dunque, ma le risorse economiche poche. Nonostante ciò videro la luce tutta una serie di film, anche a budget ridotto, che ebbero un forte successo internazionale. Il personale artistico e tecnico che vi si impegnò era professionalmente cresciuto tra gli anni Trenta e Quaranta costituendo una sorta di fronda all'interno della cinematografia imperante. L'esempio più eclatante fu Ossessione (r. di L. Visconti, 1942), che uscì durante la Repubblica di Salò, ma rompendo coi canoni fascisti.

Il neorealismo dovette subire molteplici attacchi perché il clima politico mutò a partire dal 1947, quando i partiti di sinistra furono allontanati dal governo e le forze moderate cominciarono a incoraggiare un cinema di evasione. La "Legge Andreotti" nel 1949 subordinava gli aiuti statali ad un sistema di controllo governativo: al film poteva essere negata la licenza di esportazione se "diffamavano l'Italia", e diverse pellicole, tra cui Ladri di biciclette, furono censurate.


 

I film neorealisti si distinsero seccamente dalla produzione precedente italiana e mondiale. Erano girati non nei teatri di posa, ma anche nelle strade e nelle campagne. Proponevano storie che raccontavano le vicende attraversate dall'Italia, la resistenza partigiana, le condizioni sociali delle classi più povere. Per la prima volta i protagonisti erano degli operai, dei contadini, degli adolescenti, dei pensionati. Vennero impiegati in alcune pellicole anche attori non professionisti. Non erano film di evasione, ma descrivevano criticamente la situazione difficile attraversata dall'Italia, in un modo così fedele alla realtà che alcuni di quei film possono oggi essere visti come documentari di un'epoca.

La dammaturgia non serseguiva i canoni hollywoodiani: le trame erano costruite per somma di episodi, molti dei quali apparentemente non significativi, spesso i momenti più drammatici erano raccontati in maniera sommaria o addirittura sostituiti da ellissi, a volte i finali erano aperti.

Il neorealismo cominciò a guadagnarsi fama internazionale con Roma città aperta (r. di R. Rossellini, 1945). I film più importanti di questo movimento furono Paisà (r. di R. Rossellini, 1946), Sciuscià (r. di V. De Sica, scen. di C. Zavattini, 1946), Germania anno zero (r. di R. Rossellini, 1947), La terra trema (r. di L. Visconti, dal romanzo "I malavoglia" di G. Verga, 1948), Ladri di biciclette (r. di V. De Sica, scen. di C. Zavattini, 1948), Miracolo a Milano (r. di V. De Sica, 1950), Umberto D. (r. di V De Sica, scen. di C. Zavattini, 1951). Riso amaro (r. di G. De Santis, 1948) fu un tentativo di unire tematiche neorealiste a forme tipiche del melodramma popolare.



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Il neorealismo
di Filomena Iavarone
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