APOCALYPSE NOW

Analisi formale di alcune scene

Di seguito non un'analisi del film "Apocalypse Now" (regia di Francis Ford Coppola, 1979, USA), ma una guida per ritrovare all'interno del film alcuni concetti chiave espressi in questo sito e nel libro di testo.


L'ESORDIO  mostra il protagonista, il capitano Willard, in attesa di una missione a Saigon durante la guerra del Vietnam. Il suo stato di prostrazione esistenziale è reso attraverso vari strumenti linguistici. Uno riguarda il SUONO in cui viene volutamente confuso il rumore delle pale del ventilatore con quello degli elicotteri: la realtà del presente e quella della guerra in corso. Un secondo è quello della CANZONE ("This is the End" dei Doors) che accompagna la sequenza, dall'andamento ossessivo e tragico. Il terzo è il PRIMISSIMO PIANO del protagonista che appare da subito con INCLINAZIONE CAPOVOLTA. Quasi l'intero MONTAGE è risolto dalla SOVRAPPOSIZIONE di due/tre inquadrature: il volto del protagonista si confonde con le immagini della guerra ad indicare chiaramente quanto la sua mente sia condizionata dallo stato di combattente. Il MONTAGE si conclude con lo sfumare della canzone e il rumore delle pale che alla fine si rivela essere quello di un elicottero che sta sorvolando la zona. Da notare che inizialmente il rumore dell'incendio causato dal napalm non si ode, mentre quello delle pale segue in continuità. In questo modo viene da subito introdotto il punto di vista assolutamente SOGGETTIVO della sequenza, che perdurerà sino a quando il protagonosta si alza dal letto e guarda fuori dalla finestra.


L'ESORDIO è costituito da due MONTAGE separati da un intervento della VOCE NARRANTE INTERNA. Il secondo MONTAGE precisa i contenuti del primo dove si mostrava una mente ossessionata dalla guerra: ora il protagonista è evidentemente "drogato" dalla guerra, non può farne a meno e in sua assenza "deve" consumare nella disperazione sigarette ed alcool. 



In questo CAMEO  lo stesso regista e il direttore della fotografia (Vittorio Storaro) appaiono nelle vesti di una crew televisiva (nei rispettivi ruoli) che riprende la battaglia. Quella del Vietnam fu la guerra dove le riprese televisive e fotografiche ebbero maggior influenza sull'opinione pubblica. Negli anni '60 la televisione negli USA era già diventata un dispositivo alla portata della maggioranza della popolazione. La televisione trasmetteva immagini che contrastavano nei fatti le comunicazioni governative secondo le quali tutto stava andando per il meglio. Quelle immagini contribuirono grandemente ad orientare l'opinione pubblica statunitense su posizioni antibelliciste. La lezione che trassero le potenze di tutto il mondo fu che è meglio non lasciare i giornalisti liberi di circolare per i campi di battaglia. Per questo la documentazione video e fotografica delle guerre successive al Vietnam in cui sono coinvolte le grandi potenze, è molto scarsa. Da allora i giornalisti vengono sì coinvolti ma in modalità "embedded" cioè incorporati alle truppe e dipendenti in tutto dalla volontà degli ufficiali. All'epoca però, per gli oppositori alla guerra, tra i quali Coppola, non fu chiaro da subito questo aspetto. Così in diversi film critici verso l'intervento viene sottolineato più volentieri il cinismo e la ricerca dello spettacolo da parte dei giornalisti che la loro utilità nel documentare la guerra.


Il PERSONAGGIO del colonnello Kilgore viene dipinto in modo grottesco: da un lato distribuisce orgogliosamente le sue carte sui civili che ha ucciso, dall'altro ne aiuta altri a salire sull'elicottero; offre dell'acqua ad un vietcong ferito, poi però, distratto da un suo sottoposto, gli porta via la borraccia prima che possa prenderne; si entusiasma alla possibilità di fare surf quando, giocando sui PIANI DI PROFONDITA', sullo sfondo si scorge l'allineamento dei civili che verranno deportati. L'ipocrisia di chi "fa a brandelli con una mitragliatrice ma poi offre un cerotto", come commenterà più tardi il protagonista, viene criticata in maniera aspra e sarcastica. Eppure la caratterizzazione di Robert Duvall è così efficace (si noti la postura perennemente sbilanciata in avanti, i gesti secchi e imprevedibili, l'indifferenza per ogni evento che invece impressiona chiunque altro), le battute così indovinate (si veda anche https://youtu.be/nHf54RQ8LDs) e il COSTUME, che fonde la foggia militare con quella del cowboy, così significativo, che in realtà il PERSONAGGIO appare perversamente attraente. E' la contraddizione principale di un film che è sinceramente antibellico, ma dove è impossibile immedesimarsi col protagonista, i "buoni" non esistono, e gli unici personaggi affascinanti sono i "cattivi": Kilgore e Kurtz.


Si noti  il sapiente utilizzo degli illuminatori da parte di Vittorio Storaro. E' grazie  alla luce che vengono creati diversi PIANI DI PROFONDITA'. Sull'AVANPIANO il gruppo intorno al colonnello Kilgore è schiarito da luci dirette, nascoste dietro e davanti ai fuochi che apparentemente illuminano la scena. Sullo sfondo un illuminatore forte, diretto verso la camera, ma la cui luce viene dispersa dal FUMO, è il maggior responsabile della creazione di uno sfondo molto ricco, in cui le figure mobili vengono definite in controluce. 



Questa CARRELLATA LATERALE segue il colonnello Kilgore mentre capeggia un drappello di soldati che si dirigono verso l'elicottero. Com'è tipico di questa parte del film, vengono costruiti più PIANI DI PROFONDITA': sullo SFONDO gli elicotteri che si apprestano alla partenza, sul PIANO INTERMEDIO il gruppo in movimento e sull'AVANPIANO a cadenza regolare singoli soldati corrono davanti alla camera, imprimendo alla scena un senso di urgenza. 



Questo MONTAGE mostra lo squadrone di elicotteri del colonnello Kilgore mentre si avvicina al suo obiettivo di attacco. Il tipo di riprese (elicotteri piccoli, in formazione, contro paesaggi naturali molto suggestivi) e la musica di accompagnamento (vagamente inquietante con il sottofondo del rumore degli elicotteri) comunicano l'idea di una presenza estranea e innaturale, come di un gruppo di minacciosi rapaci in volo.



L'attacco degli elicotteri statunitensi al villaggio vietnamita è accompagnato dall'intervento DIEGETICO della MUSICA. La scelta del brano "La cavalcata delle valchirie" tratta dal dramma musicale "La Valchiria" di Richard Wagner è dovuto probabilmente alla facilità con cui negli USA viene associato al nazismo. Si trattava infatti dell'opera prediletta dalle gerarchie hitleriane. Inoltre le "valchirie" nella tradizione norrena erano esseri che nei campi di battaglia scelgono tra chi deve morire e chi deve vivere e nell'arte moderna sono rappresentate mentre cavalcano cavalli alati (suggerimento di Matteo Zorzan). L'andamento trionfale del brano contraddice (con un uso chiamato CONTRAPPUNTISTICO della colonna musicale) le immagini, che mostrano dei vietnamiti in fuga e sostanzialmente indifesi. Efficace lo SMASH CUT che taglia dagli elicotteri al piazzale antistante la scuola: il pubblico proveniente dal clima esaltante della "cavalcata" è portato a condividere improvvisamente il punto di vista di chi verrà attaccato: la MUSICA ricomincia a salire di volume scoprendo la sua natura di minaccia mortale.


In questa sequenza è chiara la strategia coloristica intrapresa dal direttore della fotografia Vittorio Storaro: i COLORI della cultura attaccante (fumogeni, incendi, fumo...) si sovrappongono ai colori della natura e dei villaggi che con l'ambiente si integrano, appartenenti alla cultura attaccata, in modo da rendere sul piano visivo la violenza dell'occupazione. 



Due dei membri dell'equipaggio decidono di lasciare il fiume ed addentrarsi nella foresta. Ne scappano subito a gambe levate quando appare improvvisamente una tigre che li minaccia. La tigre costituisce un SIMBOLO nel quadro di una possibile lettura del film in chiave psicologica: il viaggio del gruppo è una lenta "risalita" verso le zone più celate e impervie della mente umana, il lato oscuro, selvaggio e non domabile.



La sequenza mostra l'arrivo di un gruppo di playmate in un avanposto statunitense durante la guerra del Vietnam. La condizione dei soldati non è solo dettata dalla violenza che infliggono e che patiscono, ma anche dalla deprivazione affettiva e sessuale. A questo rimanda la simbologia fallica della SCENOGRAFIA. Alla fine le ragazze saranno costrette a scappare in fretta con l'elicottero che le ha portate sul posto. L'esito è anticipato dalla secca contrapposizione (ATTACCHI CAMPO/CONTROCAMPO) tra la massa dei soldati progressivamente sempre più eccitati e le ragazze che si esibiscono.


La voce narrante del protagonista in questa sequenza svela alcuni passaggi chiave per la comprensione del film. L'equipaggio uccide senza ragione civili innocenti, dopodiché vorrebbe ricoverare un ferito grave. Il protagonista lo uccide freddamente. Questo gesto rende ancora più impervio per il pubblico identificarsi col personaggio, se mai ne avesse avuto sino a qui la tentazione. Ma si esplicita il pensiero, ambiguo, che presiede al gesto: siamo qui per ammazzare, non facciamo gli ipocriti ("li facciamo a brandelli con la mitragliatrice e poi diamo loro un cerotto"). Anche l'attrazione di Willard per Kurtz trova una spiegazione: "sentivo di sapere delle cose su Kurtz che non erano nel dossier" (e, a mo' di sottolineatura, gli occhi spiritati del MEZZO PRIMO PIANO vengono illuminati proprio in quel momento). Ovvero, in piccolo, comincia a sentire e a pensare come Kurtz.


Al TONO cupo di "Apocalypse Now" contribuisce grandemente anche la fotografia di Vittorio Storaro. Si veda questa sequenza dove alla ILLUMINAZIONE (tipo luna park) del ponte, corrisponde una gran quantità di riprese al buio nella trincea: i soldati sono scoperti a tratti da diverse tipologie di luci, per poi ripiombare subito dopo nell'oscurità. Si noti sul piano narrativo l'attenzione con cui gli autori evitano qualsiasi evento che possa sembrare eroico. Nel corso del film gli unici gesti coraggiosi sono quelli insensati (Kilgore che sfida le bombe per fare surf, Lance che rimane indifferente all'arrivo delle frecce, ecc.). 


Un movimento di ROTAZIONE della camera (movimento che porta a far perdere i punti di riferimento) introduce la scena della NEBBIA, come nel romanzo conradiano cui il film si ispira. Willard "sente" la presenza vicina di Kurtz. La nebbia rappresenta sul piano SCENOGRAFICO il passaggio tra il mondo vagamento comprensibile che i soldati si sono lasciati alle spalle e quello di morte dominato da Kurtz.



L'ILLUMINAZIONE della scena in cui finalmente il protagonista (e il pubblico) incontra Kurtz in "Apocalypse Now" è fortemente contrastata. Lo spazio di Kurtz è disegnato da un taglio di luce che lui attraversa, illuminandosi, solo quando si sporge in avanti. In questo modo è rappresentato visualmente un uomo che anche metaforicamente viene dall'oscurità e non se ne distacca se non per alcuni istanti. La RECITAZIONE di Marlon Brando approfitta dell'assetto luministico per prolungare l'aspettativa nei confronti del suo volto che solo alla fine si mostra con chiarezza. Il PRIMO PIANO di TRE QUARTI di Willard presenta un NOSE ROOM opposto al LOOK ROOM, rendendone così l'incertezza ed anche la fascinazione nei confronti di Kurtz. 


Il CLIMAX di "Apocalypse Now" è il momento in cui Willard uccide Kurtz. Con un MONTAGGIO PARALLELO le immagini della morte di Kurtz (visto sempre come ombra scura, grazie al costante CONTROLUCE) sono alternate a quelle dell'uccisione sacrificale di un bufalo indiano, a significare che quella è la fine che lo stesso Kurtz ha permesso che avvenisse. Una "morte da soldato".  La  METAFORA è ripresa da "Sciopero!" ("Stacka", URSS, 1924) in cui l'autore Sergej Ėjzenštejn paragonava la carneficina degli scioperanti ad opera dei soldati zaristi a quella di un macello. L'esito aumenta presso il pubblico il fascino di Kurtz e segnala l'ambiguità di un film sinceramente antimilitarista, ma in cui gli unici PERSONAGGI forti e attraenti sono dei folli militaristi.


La CODA finale di "Apocalypse Now" è risolta con una serie di SOVRIMPRESSIONI di due-tre inquadrature in cui è compresa anche una statua, la stessa apparsa anche nell'esordio (https://youtu.be/X2MzfOVXiT4). La statua è inquadrata insistentemente nelle sequenze che si svolgono nel campo di Kurtz. La sua presenza ai due estremi del film indica chiaramente il suo carattere SIMBOLICO. Il suo significato, però, è ambiguo. Dato che appare anche quando né Willard né il pubblico sanno chi è Kurtz, si tenderebbe a escludere che lo riguardi. Sembra piuttosto alludere a qualcosa che esiste prima e oltre Kurtz. Un'altra cultura, quella sulla quale sono atterrati gli USA con la loro guerra, in qualche modo austera, misteriosa, estranea. I dati filmici lasciano aperta però un'altra possibilità interpretativa. Willard ha raggiunto il "cuore delle tenebre", un viaggio metaforico dentro il lato scuro suo e di ogni uomo. Ma quell'oscurità era già in lui, quando nella camera di Saigon si disperava ammettendo con se stesso di non poter più fare a meno della guerra. La statua, testimone delle atrocità commesse da Kurtz, potrebbe proprio rappresentare quel male interno all'animo umano che la guerra in qualche modo esalta o forse causa.