ALIEN


Di seguito non un'analisi del film "Alien" (r. di Ridley Scott, 1979, USA,UK), ma una guida per ritrovare all'interno del film alcuni concetti chiave espressi in questo sito e nel libro di testo.


L'ESTABLISHING SHOT è una inquadratura (o più d'una) che introduce una scena per farci capire dove essa si svolge. L'abitudine a questo schema è tale che il pubblico dà per scontato che l'esterno corrisponda effettivamente all'interno mostrato, quando nella realtà non è così, nella gran parte dei casi. L'INCIPIT di  "Alien" (r. di Ridley Scott, 1979, USA, UK) serve a convincerci che l'esterno del modellino ripreso nelle prime due inquadrature, sia corrispondente al set dei corridoi dell'astronave.


Le inquadrature dei bui corridoi della Nostromo in "Alien" sono un esempio di MOVIMENTI AUTONOMI DELLA CAMERA (cioé senza pretesto narrativo, come ad esempio seguire un personaggio):

non accade nulla, ma si induce una sensazione inquietante nello spettatore, come se ci fosse una presenza misteriosa. In questo modo viene gettata un’ombra di apprensione sul successivo risveglio dei personaggi.


La fatica e la lentezza del risveglio degli astronauti in "Alien" sono restituite da una serie di DISSOLVENZE INCROCIATE inusitatamente lunghe.


Le scelte scenografiche di "Alien" sono molto legate a quelle di illuminazione. Si veda l'esempio del set di "Mother", il cervello della nave cargo Nostromo. Le pareti sono bianche (contrariamente al resto degli ambienti che sono prevalentemente scuri) e permetterebbero con un'illuminazione fuori scena una luce diffusa. Invece la temperatura colore è data dall'insieme delle piccole luci che si accendono e spengono, mentre il livello luminoso è assicurato da una sola luce soprastante, di bassa intensità.


La QUALITA' D'IMMAGINE viene a volte appositamente abbassata per ottenere determinati effetti espressivi o descrittivi. Nel caso di questa scena di "Alien" il suo fine è simulare la qualità di una trasmissione video disturbata.


Michael Seymour ha creato per l'interno dell'astronave aliena in "Alien" una scenografia che la distingue nettamente da quella umana della nave cargo Nostromo, pur mantenendo un look piuttosto dark. Il film è precedente la rivoluzione digitale e dunque questo set (uno dei pochi ampi e aperti di tutto il film) è stato allestito fisicamente. Si veda come l'inquietudine che suscita è data dal suggerire obliquamente l'interno di un organismo vivente.


In alcuni film le immagini ambientali sono scelte per irradiare una certa emozione in maniera soffusa e persistente, come se si registrasse non il grido ma la sua eco. Lo SCHEMA DELL'ECO AMBIENTALE è utilizzato in questa sequenza tratta da "Alien". Dopo un montaggio dal RITMO frenetico (nel momento in cui Kane viene aggredito da Alien) segue (tramite uno SMASH CUT) il repentino passaggio ad una lunga inquadratura ambientale esterna, apparentemente del tutto opposta, come tono, a quelle precedenti. 


Quella a fianco è una FALSA SOGGETTIVA: Ripley appare, alla fine, a lato della camera che dovrebbe costituire il suo punto di vista e che in effetti ha un'ALTEZZA RIBASSATA rispetto a quella degli occhi del personaggio . La soluzione permette al regista di far condividere (grazie al lento avvicinamento indagatore) i sospetti del tenente riguardo al comportamento di Ash, mantenendo però un maggiore distacco rispetto a quanto avrebbe permesso una soggettiva vera e propria.


Lo STORY CONCEPT di "Alien" è alla base di innumerevoli film statunitensi e potrebbe essere così riassunto: "un gruppo di persone di varia estrazione viene a contatto con un soggetto particolarmente aggressivo ed efficace che li elimina uno ad uno. Sopravviverà tra loro solo chi dimostrerà superiori doti morali e/o intellettuali." E' solo a partire da questa scena che si "scopre" lo story concept su cui si basa il film. 


A volte tra due scene è necessaria una "pausa" per consentire ad esempio di cambiare tono, far smaltire una sorpresa o un'emozione, o semplicemente per indicare un passaggio di tempo. Questa pausa viene a volte ottenuta con un RACCORDO AMBIENTALE: si mostra per qualche momento, solitamente con accompagnamento MUSICALE, una inquadratura ampia del luogo dove si svolge la storia. Così accade in vari momenti di "Alien" con la ripresa dell'esterno della nave cargo a fungere da raccordo.


Il direttore della fotografia di "Alien" è Derek Vanlint, ma una parte del merito del particolare "look" del film va allo stesso regista. In un suo articolo Vanlint descriveva le difficoltà di illuminazione (ad alto contrasto) in una serie di set stretti e chiusi con fonti di illuminazione non convenzionali (neon e fluorescenti, "panic light", fuochi, ecc.), la presenza diffusa di monitor e la gran parte delle scene girate con due camere. 


In questa sequenza di "Alien" si segue lo SCHEMA DELLA ANTICIPAZIONE, dove si alternano inquadrature che mostrano la minaccia che incombe ad altre in cui il personaggio è visibilmente inconsapevole di quel che potrebbe accadere. Il pubblico dunque ha un punto di vista superiore a quello del personaggio.


Questa CARRELLATA A PRECEDERE interviene dopo che i tre sopravvissuti hanno deciso di abbandonare la nave. La grandezza scalare scelta (PIANO MEDIO) e l'angolazione (DAL BASSO) contribuiscono ad sottolineare la ristrettezza dell'ambiente e dunque la sensazione che i tre, pur trovandosi in una gigantesca nave, si sentano in trappola. 


Molte scene di "Alien"  sono girate con CAMERA A MANO (quelle più difficili, dallo stesso Ridley Scott), ma con la sicurezza necessaria a non far sentire la mancanza di un carrello. In questa scena, invece, per sottolineare la disperazione della fuga di Ripley, ormai unica sopravvissuta, si riprende una SOGGETTIVA di corsa con CAMERA A MANO in modo che l'immagine mossa che ne deriva restituisca un'impressione di estrema concitazione. 


In questa sequenza di "Alien" l'autore rinuncia all'intervento di musica drammatizzante a favore di SUONI "ambientali" ripetuti, ossessivi, che si sovrappongono per sottolineare il tempo sempre più ritretto a disposizione di Ripley per salvarsi. Come i ticchettii di diversi orologi.


Queste inquadrature sono tratte da uno SCHEMA DI MONTAGGIO INCROCIATO, in cui due dei sopravvissuti operano in un ambiente e la protagonista in un altro, collegati tra loro via radio. Per aumentare la suspense, il regista riprende i movimenti dei due gruppi con delle CARRELLATE LATERALI con ostacolo, come se qualcuno stesse ad osservare e a seguire nascostamente il gruppo.


In questa sequenza di "Alien" si segue lo SCHEMA DELLA SORPRESA: una serie di inquadrature lunghe, distensive, senza musica che faccia presagire il pericolo, cui segue, improvvisamente, la visualizzazione del pericolo, con conseguente attivazione dei cambiamenti stilistici (illuminazione forte, intervento musicale drammatizzante, aumento del ritmo di montaggio). In questo caso accade quando Ripley, che ormai pensa di essersi liberata del mostro, si accorge improvvisamente che è riuscito ad infilarsi nella navetta di salvataggio.


Nel FINALE di "Alien" (r. di Ridley Scott, 1979, USA, UK) si vede la protagonista che, dopo essersi liberata del mostro, registra un messaggio in cui si dichiara fiduciosa di raggiungere la Terra. La CODA però è costituita da una lenta CARRELLATA AVANTI verso la protagonista, indifesa e addormentata, come se una presenza la osservasse. L'intervento MUSICALE rafforza la sensazione di lieve inquietudine che l'inquadratura suscita.


Nel FINALE di "Alien" (r. di Ridley Scott, 1979, USA, UK) si vede la protagonista che, dopo essersi liberata del mostro, registra un messaggio in cui si dichiara fiduciosa di raggiungere la Terra. La CODA però è costituita da una lenta CARRELLATA AVANTI verso la protagonista, indifesa e addormentata, come se una presenza la osservasse. L'intervento MUSICALE rafforza la sensazione di lieve inquietudine che l'inquadratura suscita.