GLI SCHEMI DI MONTAGGIO


Lo schema di azione/reazione

In questa scena de "Il gladiatore" ("Gladiator", r. di R. Scott, 2000, USA, UK) l'evento è inframezzato da piani ravvicinati di parti del pubblico e di altri personaggi che reagiscono chi in un modo chi in un altro alle azioni del protagonista.



Il piano d'ascolto

Ne "Il tesoro della Sierra Madre" ("The Treasure of the Sierra Madre", r. di John Huston, 1948, USA) un anziano avventuriero chiacchiera in un dormitorio con uno sconosciuto spiegando le dinamiche tipiche e perverse della ricerca dell’oro (a), che puntualmente si verificheranno poi nel corso

nel film. L’attenzione curiosa e scettica di due ascoltatori (che poi si uniranno all’anziano in una nuova spedizione) è resa da alcuni piani d’ascolto esterni.



Lo schema dell'anticipazione

In "Il delitto perfetto" ("Dial M for Murder", r. di A. Hitchcock, 1954, USA) il sicario pagato dal marito si appresta a uccidere la donna. Si alternano le inquadrature della minaccia a quelle dell'inconsapevole minacciata, fino alla loro unificazione nel finale di sequenza.



Lo schema dell'avvertimento e della sorpresa

In "Psyco" ("Psycho", r. di Alfred Hitchcock, 1960, USA) la sorella della protagonista scomparsa entra nella casa del suo assassino alla ricerca di risposte. Quando lui se ne accorge e si precipita lì, lei fa appena in tempo a nascondersi nel sottoscala. Da quella posizione scorge una porta che ancora non ha aperto. Qui scatta lo schema dell’avvertimento. Il pubblico è sollecitato a temere che da un momento all’altro lui la raggiunga alle spalle. Lei però entra in un ambiente in cui trova la misteriosa madre dell’assassino, di spalle. Qui subentra lo schema della sorpresa. Per non allarmare il pubblico la musica si abbassa e la donna assume un atteggiamento tranquillo, fino a che non si accorge che la madre è mummificata. La sorpresa è sottolineata dal piano di reazione della donna e dal suo grido. Poi si gira e lo schema reattivo inverso prepara la seconda sorpresa, sottolineata questa volta da un forte intervento musicale: l’assassino, per compiere i suoi omicidi, si travestiva come la madre.


Lo schema di avvicinamento/allontanamento

In questa scena di "Segreti e bugie" ("Secrets and Lies", r. di M. Leigh, 1996, UK) madre e figlia si ritrovano per la prima volta. Il PM illustra la conversazione tra le due, che quando si fa più impegnativa (la madre afferma che le piacciono i bambini, ma ha abbandonato la figlia quando era neonata) viene stretta in PPP. Il totale delle due chiude la scena. 



Lo schema di presentazione

Quando la protagonista di "Elizabeth" (r. di Shekhar Kapur, 1998, UK) viene presentata, sta danzando con altre compagne. Attraverso la mediazione dello sguardo del suo amante, già presentato precedentemente, si passa dalla Figura intera al Primo piano.



Lo schema costruttivo

In "La madre" ("Mat", r. di Vsevolod Pudovkin, 1926, URSS) un distaccamento di militari entra nel recinto della fabbrica per stroncare lo sciopero in atto. L’azione viene descritta con lo schema costruttivo caratteristico del cinema di Pudovkin, partendo da dettagli e particolari e offrendo solo alla fine la visione d’insieme.



I piani d'ambientazione

Nella prima sequenza di "Lolita" (r. di Stanley Kubrick, 1962, UK-USA) Humbert giunge al castello dove abita l’eccentrico Quilty, per ucciderlo. Nella prima inquadratura si vede l’auto avanzare nella nebbia, contorno ambientale che anticipa l’esito tragico della sequenza. La seconda è costituita dal piano d’ambientazione della casa nobiliare in cui vive Quilty. Nella terza, la camera è all’interno e riprende l’entrata di Humbert. Il pubblico non ha dubbi nel considerare l’esterno e l’interno come parti dello stesso edificio. Nella realtà il primo è una location e il secondo è un allestimento presso gli studi di Elstree in Inghilterra.



Lo schema della descrizione ambientale

Nei film di Ken Loach è l'ambiente sociale che influisce sul comportamento dei personaggi, dunque è la "fotografia" di quell'ambiente che deve apparire in capo alle scene. Le inquadrature tratte da "Looks and Smiles" (1981, UK) "parlano" e introducono con il loro squallore postindustriale le storie che verranno raccontate. 



I piani d'insieme

La lunga sequenza conclusiva di "Il mistero del falco" ("The Maltese Falcon", r. di John Huston, 1941, USA) si svolge tutta in una stanza, in un confronto serrato tra personaggi che entrano, escono, confliggono, si spostano. Il costante ritorno a un piano d’insieme fa sì che lo spettatore non rimanga mai disorientato riguardo alla posizione dei personaggi.



La soggettiva

In "Che fine ha fatto Baby Jane?" ("What Ever Happened to Baby Jane?", r. di Robert Aldrich, 1962, USA) Blanche è prigioniera di sua sorella Jane, che è impazzita. Non può camminare e dal piano soprastante vorrebbe raggiungere il telefono. Lo schema della soggettiva aiuta a costruire la dinamica senza spendere parole: la camera inquadra la donna mentre guarda fisso in avanti e una zoomata ingrandisce il telefono; si torna a lei, stavolta con un’inquadratura più ristretta per adeguarsi alla conclusione dello zoom, che ha esplicitato la forza del suo desiderio; poi, nella stessa inquadratura, la donna volge lo sguardo verso il basso. In soggettiva sono riprese le scale, il suo ostacolo.



La semisoggettiva

Le semisoggettive si hanno quando viene inquadrato il volto di chi guarda e successivamente l’oggetto del suo interesse, ma includendo almeno in parte l’osservatore (la spalla, la nuca ecc.). In questa scena tratta da "Mission: Impossible" (r. di Brian De Palma, USA, 1996) Ethan si rende conto che il suo ex capo e la sua donna lo hanno tradito. 



La soggettiva articolata

In questa scena il protagonista di "Get Out" (r. di Jordan Peele, 2017, USA) verifica ai margini del bosco qual è l’animale che lui e la fidanzata hanno investito. La semisoggettiva iniziale fissa la distanza tra lui e il cervo, le inquadrature successive avvicinano i due poli dell’azione con una soggettiva articolata, comunicando la crescente inquietudine del personaggio.



La soggettiva mobile

Questa sequenza de "Gli uccelli" ("The Birds", r. di Alfred Hitchcock, 1963, USA) è costruita contrapponendo a livello di suono, il silenzio della prima parte all'estremo rumore della seconda. La tensione è fatta salire con una soggettiva mobile costruita alternando carrellate avanti e a precedere. Col pretesto della torcia, il cammino avanti a sé è illuminato in maniera diretta e parziale, provocando ombre e lasciando zone di buio. 



La percezione soggettiva

In "L'ultima risata" ("Der Letzte Mann", regia di Friedrich Wilhelm Murnau, 1924, Germania) il portiere torna a casa di sera pieno di vergogna per essere stato licenziato. Le ombre, la carrellata indietro che mostra i vicini che si sporgono e le immagini con sovrimpressioni mettono in rilievo la sua percezione soggettiva. 



La pseudosoggettiva

Vi sono infine soggettive... prive di soggetto. Sono le pseudosoggettive, un movimento che parte come soggettiva, ma si rivela essere un movimento autonomo della camera. In questa scena tratta da "Ossessione" (di L. Visconti, 1943, Italia) il vagabondo Gino è attratto dalla canzone di Giovanna. Una lenta carrellata avanti sembra una soggettiva, ma  Gino entra inaspettatamente in campo.



Schemi di comparazione visiva

La similitudine si ha quando ad un’immagine se ne accosta un’altra completamente estranea alla storia, suggerendo però che i loro contenuti sono concettualmente simili. Ne "Il monello" ("The Kid", r. di C. Chaplin, 1921, USA) la condizione della madre che non sa come mantenere il figlio è paragonata a quella di Gesù che trascina la croce.


Il simbolo si ha quando ad una serie di inqua- drature se ne accostano altre che non sono necessarie alla storia, pur essendo interne, ma che hanno lo scoperto intento di esprimere un concetto o un giudizio sulle prime. In questa scena di  "La passione di Giovanna d'Arco" ("La passion de Jeanne d'Arc", di C. T. Dreyer, 1928, FR) si insiste sui capelli caduti, simbolo della volontà del tribunale di spezzare la forza di Giovanna.


La sineddoche indica la visualizzazione di un dettaglio, solitamente a chiusura di sequenza, che sta ad indicare che un dato evento si è compiuto, senza però mostrarlo per intero. In "Tre colori - Film blu" ("Trois couleurs : Bleu", di Krzysztof Kieślowski, 1993, FR, Pol, Sv.) nell'incidente non si vede la morte della figlia della protagonista. La si intuisce la fuoriuscita del pallone. 



Il flash cut

In questa sequenza di "Shining" ("The Shining", r. di S. Kubrick, 1980, USA, UK) Danny "vede" una stanza che si colma di sangue. Al fine di drammatizzare ulteriormente la visione, l'inquadratura è inframezzata da due flash cut (le gemelle e lo stesso Danny, ma in un altro ambiente, più oscuro). 



Il leit motiv visivo

In "La sposa turca" ("Gegen die Wand", di Fatih Akın, 2004, Germania, Turchia) una canzone che viene suonata a "pezzi" lungo tutto il racconto a separarne i segmenti temporali come leit motiv visivo. Il film narra la storia, nella moderna Germania, di due personaggi di origine turca: dopo un matrimonio di convenienza i due finiscono per innamorarsi davvero. Ma lui finisce in prigione.



L'eco visivo

In questa sequenza di "Mephisto" (r. di István Szabó, 1981, HU) il protagonista, , un attore che ha deciso di servire il regime nazista per convenienza e per viltà, si trova a Parigi per incontrare l'amante e la moglie. Dopo essere stato schiaffeggiato da un personaggio schifato del suo opportunismo, si ritrova per le strade della città. Il suo sentire è reso da una serie di inquadrature neutrali che, nello schema dell'eco visivo, rimandano al suo senso di estraneità (sono inquadrate all'inizio simboli e parole della Francia) e di vuoto (non sono inquadrate persone) rispetto ad un luogo che non può offrirgli ciò che lui più brama, non la "libertà", ma il successo personale. Per questo, dopo quelle inquadrature (che scorrono ad un ritmo veloce per non far apprezzare al pubblico la loro bellezza), il personaggio si risolve a far ritorno in Germania, scendendo nella metropolitana, ma in realtà, metaforicamente, scegliendo l'oscurità.



La soggettivizzazione ambientale

In "Una gita in campagna" ("Partie de campagne", r. di Jean Renoir, 1936, FR) i due protagonisti si sono appena amati. Le immagini che seguono suggeriscono il loro stato d’animo ancora mosso dalla passione, ma già oscurato dal presentimento della fine del loro rapporto. Si tratta di uno schema di soggettivizzazione ambientale.



Lo schema della chiusura stretta e della chiusura larga


In "Ombre rosse" ("Stagecoach", r. di John Ford, 1939, USA) la sequenza dell’assalto alla diligenza da parte degli indiani finisce con l’arrivo della cavalleria e la salvezza degli eroi della storia. Poteva terminare con un’inquadratura larga che mostrasse passeggeri e soldati insieme, invece si chiude con una serie di inquadrature strette: il protagonista Ringo assiste agli ultimi istanti di vita di un passeggero. In questo modo il pubblico è portato a ridimensionare la positività dell’esito dell’assalto e a ricordarsi che vi sono ancora vari nodi da sciogliere: Dallas non ha il coraggio di rivelare a Ringo che è una prostituta, Ringo deve vendicarsi dei suoi persecutori e infine lo sceriffo vuole arrestarlo. Il finale adotta invece uno schema a chiusura larga: la camera è ferma e il carro con i due amanti si allontana verso l’orizzonte, comunicando al pubblico che i nodi narrativi questa volta sono stati tutti sciolti.


Lo schema della spiegazione

In questa scena di "Bread and Roses" (r. di K. Loach, 2000, UK, DE, SP) il sindacalista Sam cerca di convincere i lavoratori ad aderire al sindacato e a promuovere forme di protesta. Inizialmente il regista applica lo schema della spiegazione, che vede alternarsi i piani d'ascolto con quelli dell'oratore, il tutto coperto dalla voce di quest'ultimo e con l'inserimento di materiale illustrativo. 



Lo schema della perorazione

In "Salvador" (di Oliver Stone, 1986, USA) si mostra la perorazione di Monsignor Romero, vescovo dei poveri, poi ucciso dai sicari del regime. La ripresa dal basso contribuisce a dare autorevolezza al personaggio, così come i piani d'ascolto dei fedeli che ascoltano. 



Il montage

In questo montage tratto da "Gioventù, amore e rabbia" ("The Loneliness of the Long Distance Runner", r. di T. Richardson, 1962, UK) la madre di Colin spende le 500 sterline ricevute dall'assicurazione per la morte del marito in acquisti più o meno superflui. Come ogni montage, anche questo è costituito da una serie di rapide scene che si svolgono in momenti diversi, ma attraversate dallo stesso tema, e unificate da un motivo musicale. 



Il riassunto visivo

All’inizio di "Hot Fuzz" (r. di Edgar Wright, 2007, UK-FR), per illustrare con tono divertito la folgorante carriera dell’agente protagonista del film, viene proposto un riassunto visivo con la tecnica dell’hip hop montage costituito da brevissime inquadrature, spesso unite da jump cut.



La sintesi visiva

In "Il salario della paura" ("Sorcerer", r. di William Friedkin, 1977, USA) il gruppo di uomini che si appresta al pericoloso viaggio sta mettendo in sesto un vecchio camion. Il progresso del lavoro, che si prolunga fino a notte inoltrata, è descritto con una sintesi visiva che raccoglie varie inquadrature dei diversi interventi che alla fine portano il veicolo a funzionare.



Il montaggio incrociato

In questa sequenza tratta da "Mission Impossible III" (r. di J. J. Abrams, 2006, USA) si realizza un montaggio incrociato tra due linee d'azione: l'inseguimento dell'elicottero e il tentativo di salvataggio dell'agente ferita.



Il montaggio alternato

In questa sequenza di "Dies irae" ("Vredens Dag", di C. T. Dreyer, 1943, Dan.) si alterna la scena della moglie che si riunisce al suo amante e quella del marito che sta tornando a casa. Lo schema si conclude con il marito che entra nello spazio della prima scena. Il film è ambientato nel '600 danese, dove un vecchio pastore protestante, Absalon, ha sposato con la forza una ragazza, Anne, figlia di una "strega".



Il montaggio parallelo

La sequenza della rivolta in "Sciopero" ("Stačka", r. di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, 1924, URSS) è resa da un montaggio parallelo che riprende da un lato la mobilitazione dei cittadini e dall'altra l'assalto degli operai agli uffici della fabbrica.



Il montaggio accelerato

In "La rosa sulle rotaie" ("La Roue", r. di Abel Gance, 1923, FR) viene utilizzato lo schema del montaggio accelerato nella sequenza in cui il protagonista, accecato dalla gelosia, spinge al massimo il treno che accompagna la figlia adottiva verso il suo fidanzato. Si alternano tratti sempre più brevi delle inquadrature delle ruote, del fumo, dei due personaggi, del tachimetro e di altri elementi, in modo da aumentare progressivamente il ritmo e accrescere il timore da parte del pubblico di un esplosivo e funesto finale di sequenza.