Il punto di vista, insieme al tono e alla densità narrativa, costituisce un elemento essenziale della configurazione necessaria allo sviluppo narrativo dell'opera audiovisiva fiction. Per configurazione si intende l’insieme delle operazioni di modellazione che il materiale narrativo ancora grezzo (eventi, personaggi e ambientazione) subisce per renderlo unitario e coerente prima della sua articolazione nell'intreccio. Il tema del punto di vista è affrontato alle pagine 58-63 del libro Il linguaggio cinematografico.
In "L’orgoglio degli Amberson" ("The Magnificent Ambersons", regia di Orson Welles, 1942, USA) una lunga introduzione di una voce narrante racconta le vicende della famiglia Anderson all’epoca del suo massimo splendore, coadiuvata da commenti della gente comune. Si tratta di un narratore esplicito extradiegetico, dato che è presumibilmente estraneo alle vicende e mai visualizzato nel film.
In "Espiazione" ("Atonement", r. di Joe Wright, 2007, UK-FR) per gran parte del film il narratore era nascosto, ma verso la conclusione viene esplicitato e confessa di essersi inventato il finale della storia. Dato che comunque è stato parte degli avvenimenti si tratta di un narratore omodiegetico, e di tipo allodiegetico, dato che prevalentemente ne è stato solo testimone.
Nella sequenza climax del film "Gente comune" ("Ordinary People", r. di Robert Redford, 1980, USA) un montaggio parallelo alterna lil racconto del ragazzo con spezzoni di flashback. Il ragazzo si trasforma dunque in narratore esplicito (la narrazione smette di essere "oggettiva"), intradiegetico (è dentro la storia), omodiegetico (è coinvolto nelle vicende narrate), autodiegetico (dato che ne è anche il protagonista).
In "Lettera a tre mogli" ("A Letter to Three Wives", r. di Joseph L. Mankiewicz, 1949, USA) la narratrice (l'amante di uno dei mariti delle tre protagoniste) è esplicita, ma appare solo come voce narrante. È coinvolta nella vicenda, ma gran parte della storia è basata sulla rievocazione del rapporto coi rispettivi mariti da parte delle tre donne. In questo senso dunque l'amante è una narratrice intradiegetica, perché fa parte della storia, anche se è eterodiegetica rispetto a gran parte della narrazione.
In "Barry Lyndon" (r. di Stanley Kubrick, 1975, UK-USA) viene utilizzata una voce narrante esterna: un narratore estraneo al racconto (quindi esplicito extradiegetico) che riassume gli eventi, commenta le vicende con un tocco di ironia e riferisce i sentimenti del protagonista.
In "Arancia meccanica" ("A Clockwork Orange", r. di Stanley Kubrick, 1971, UK-SA) il protagonista ogni tanto interviene come voce narrante interna per esprimere i propri pensieri e le proprie intenzioni.
La voce narrante può anche essere inaffidabile ovvero non essere credibile rispetto alle immagini che vengono mostrate. Accade ad esempio quando vengono introdotti i personaggi principali di "Cantando sotto la pioggia" ("Singin' in the Rain, r. di Stanley Donen e Gene Kelly, 1952, USA).
In "Rapina a mano armata" ("The Killing", r. di Stanley Kubrick, 1956, USA) la focalizzazione si sposta ovunque sia necessario per far comprendere la preparazione della rapina e i suoi esiti. Si tratta di focalizzazione zero.
In "Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba" ("Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb", r. di Stanley Kubrick, 1964, USA) vengono di volta in volta focalizzati tre diversi gruppi di personaggi che si trovano prevalentemente in tre luoghi diversi (la base aerea, il B52 e la war room). Si tratta di focalizzazione interna variabile.
In "Lolita" (r. di Stanley Kubrick, 1962, Regno Unito, USA) la focalizzazione è concentrata sul protagonista: il professor Humbert Humbert. Si tratta dunque di focalizzazione interna fissa.
La serie televisiva "The Affair" (ideata da Sarah Treem e Hagai Levi, 2014-2019, USA) ripercorre diversi eventi a seconda del punto di vista del personaggio, mostrandoli più volte con minime variazioni nel resoconto dei fatti, ma operando cambiamenti notevoli nella visualizzazione e nella recitazione. In questo caso l’intento non è quello di mettere in dubbio sul piano filosofico la nozione di verità (come in "Rashomon", r. di Akira Kurosawa, 1950, JP), quanto di mostrare come un evento sia sentito in modo diverso dai vari personaggi e come la percezione individuale influisca poi sulle loro azioni. Si tratta di focalizzazione interna multipla. Nelle clip, la rievocazione della protagonista che si fa la doccia è vista dal protagonista come un tentativo di seduzione nei suoi confronti, ma da lei come un momento di tristezza.